Biga: gestione frigo
Domanda
Risposta
Buongiorno a lei, stiamo parlando di bighe cioè di impasti non completati a livello di struttura, ma comunque formati quel tanto che basta per innescare tutte le reazioni chimiche fisiche (abbassamento pH, solubilità proteica, azione enzimatica ecc.) di cui gode un impasto completato. Nello stoccaggio della biga si tratta di stabilire a quale dare maggior importanza. Mi spiego meglio: a +4°C ho un rallentamento dell'attività metabolica ed enzimatica sia dei lieviti inoculati sia della microflora endogena sia degli enzimi naturali presente nella farina (quindi indirettamente un rallentamento della diminuzione dei valori di pH con tutti i fattori correlati all'attività delle albumine, proteinasi/peptidasi endogene ecc.) inoltre ho una maggior solubilità dei gas (O2, CO2 ecc.) e delle gliadine (solubilità in acqua o in acqua/etanolo) che si ripercuotono sulla struttura glutinica e sulla "tenuta" . Operare prima il passaggio a +4°C e poi a +18°C (non consiglio assolutamente i 26°C a meno che sia una t.a. incontrollabile), dal mio personalissimo punto di vista, porta ad un maggior controllo sia microbiologico (metabolico ed enzimatico) sia chimico fisico nonostante si diminuiscano sia la solubilità proteica sia gassosa rispetto al contrario. E' chiaro che il tempo in cui permane a +4°C è in funzione della successiva temperatura di stoccaggio. Aggiunga poi il fatto che lavorare con una biga "fredda" apporta immediata "debolezza" alla massa successiva soprattutto se la ricetta prevede un utilizzo 100% (caso degli impasti molli). Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una serena giornata.