Hai un problema tecnico di produzione nel settore dell'arte bianca (pane, pizza, grandi lievitati, prodotti da forno in generale)? Il tuo prodotto ha un difetto? Hai bisogno di consigli? Esponi il tuo problema e Simona Lauri ti risponderà nel più breve tempo possibile.
Ancora su gestione casalinga madre solida
Gent.ma dott.ssa, La ringrazio per le indicazioni ricevute nella precedente risposta. Potrebbe suggerirmi come procedere quando, adesso e per la maggior parte dell'anno, la temperatura ambiente è di 25⁰-26⁰. Dovrei cercare di terminare il rinfresco della madre ad una temperatura più bassa di 20⁰, e aspettare fino a che la raggiunga, prima di far stazionare la madre a 14⁰ (Vorrei limitarmi a 200g-300g)? O dovrei considerare anche la variazione del suo volume?
Buongiorno a lei. La sua madre la gestisce legata nelle corde o libera in un contenitore? Se è legata attenda che le corde inizino a tendere (2,5 ore) e poi la conservi a 14°C, mentre se è libera aspetti che duplichi il volume circa 2 ore a 25 - 26°C. No vanno bene i 18 - 20°C e la mantenga sempre. Se la temperatura è più bassa ci mette molto più tempo a raddoppiare il volume o a tendere le corde. Mantenendo sempre costante la temperatura sarà il lievito a gestire il tempo. Nella speranza di esserle stata di aiuto e ringraziandola per essersi rivolta al nostro servizio, le auguro una serena giornata. A disposizione.
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Grani antichi e moderni
Buongiorno ho letto tanto in proposito e con pareri molto discordi anche tra professionisti illustri. Chi dice che fanno bene chi dice che sono uguali e solo montature del marketing. A questo punto vorrei sapere anche la sua opinione come professionista del settore che ha sempre detto le cose come stavano senza influenza alcuna. E' vero che i grani antichi come il S. Capelli sono migliori delle varietà attuali? Grazie per l'attenzione e per il meraviglioso servizio che offre.
Buongiorno a lei, meravigliosa domanda alla quale cercherò di dare una risposta concisa e tecnica nonostante un fiume di parole sia già stato speso su questo argomento. Prima di tutto mi preme fare una piccolissima precisazione il frumento duro var. Senatore Capelli NON lo identificherei tra le varietà dei grani ANTICHI ma STORICI dato il periodo in cui è stato selezionato. Siamo intorno al 1920 in piena Battaglia del Grano in cui l'obbiettivo era quello di rendere l'Italia autosufficiente per la produzione cerealicola. Per fare ciò occorreva aumentare la produzione, rendere le piante più resistenti alle malattie ed evitare l'allettamento abbassando l'altezza della pianta (fino ad allora era di circa 180 cm). Il grano S. Capelli, cosi come altre 70 varietà selezionate dal genetista Strampelli, sono di inizio secolo per cui, diciamo circa 100 anni di storia. Per Grani ANTICHI, invece si intendono tutte quelle varietà presenti e coltivate prima del 1900 come Rieti, Gentil Rosso, Grano del Miracolo ecc., la cui storia li vede come risultato di due eventi di ibridazione millenaria da un frumento selvatico con una graminacea erbacea la prima, mentre la seconda, circa 9000 anni fa, dal T. monococcum sp monococcum (farro piccolo) sempre una graminacea erbacea per dare origine al T. spelta e successivamente al T. aestivum. Un discorso a parte è quello che riguarda le landraces (varietà autoctone locali) secolari siciliane che rappresentano ancora oggi il 25% della biodiversità europea, che comprendono indicativamente 57 tipologie di cui circa 27 iscritte nel registro Nazionale delle varietà da conservare e geolocalizzate in 8 macroaree che vanno dal 'Etna e piana di Catania, valli del Trapanese, Valle del Belice, Colline interne, zona delle Madonie ecc. e comunque a filiera corta. La storia li fa risalire soprattutto agli scambi commerciali (Sicilia: posizione strategica nel Mediterraneo, terra di conquista e di scambi commerciali da millenni nonché "granaio romano"), all'adattamento climatico e alle ibridazioni spontanee locali. Giusto per citarne alcune: var. Timinia, Tripolino, Scorzanero, Russello,ecc. di cui proprio per la var. Russello la storia lo identifica come grano proveniente dalla Russia nel periodo di Pietro il Grande verso l'inizio del 1700. Sono definite MODERNE invece le varietà comparse intorno al 1960 in piena Rivoluzione Verde. Fatta questa doverosa precisazione storica, torno al suo quesito e le rispondo con il classico... Dipende dal punto di vista! Se il confronto è fatto tra landraces siciliane e le varietà create dopo il 1960 e riguarda il discorso nutrizionale, quali e quantitativo dei macro/micronutrienti, le rispondo che le popolazioni locali siciliane (superfood) risultano avere un maggior contenuto proteico (18% contro al max 14,5%) un minor valore di W, un maggior contenuto di polifenoli, sali minerali, fibre, composti fenolici , un minor rischio di micotossine (proprio perché piante più alte, clima caldo e secco), un glutine meno tenace e scarsamente elastico, ecc. Se il confronto è fatto da un punto di vista tecnico reologico e di panificabilità le rispondo che le varietà moderne sono state selezionate proprio per aumentare il valore di W (per le landraces siciliane mediamente intorno a 90W) mediante la selezione di proteine particolarmente elastiche che a loro volta innalzassero soprattutto il P alveografico e migliorassero le prestazioni panificatorie e reologiche (non solo W ma P/L, R/E ecc.) per cui non c'è confronto tecnico. Nella speranza di esserle stata di aiuto e di aver risposto esaurientemente al suo quesito, le invio i miei più cordiali saluti.
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Possibile gestione casalinga di una madre solida
Buongiorno dott.ssa Lauri, potrei utilizzare un vano frigo, con temperatura max di 14⁰, per mantenere una madre solida? A quali problemi andrei incontro con una temperatura più bassa rispetto a quella consueta? Modificando i rapporti dei rinfreschi, sarebbe possibile, di norma o eccezionalmente, lasciare la madre a 14⁰ senza rinfrescarla per esempio per 36-48 ore? Con immutata stima e gratitudine, porgo un cordiale saluto.
Buongiorno a lei. Si certamente l'importante che prima di metterla a +14°C faccia tirare le corde. Invece, se è conservata solida non legata la lasci circa 2, 2,5 ore a t.a. (20°C) prima di conservarla a+14°C per 36 - 48°C. Prima di rinfrescarla la lasci a t.a. nuovamente per 2 ore. NO, non modificherei nessun rapporto. Chiaramente questa procedura la può utilizzare solo in caso di mantenimento standard della madre, perchè si "indebolisce" o per lo meno i metabolismi rallentano e tendono ad accomunare più acido acetico rispetto al lattico. Non la utilizzi cosi fredda ma le dia sempre un rinfresco a 28°C per 4 ore prima di usarla per pane e pizza. Per GL invece opterei sempre per 3 rinfreschi 1:1 distanziati di 4 ore e sempre a 28°C. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito, le invio i miei più cordiali saluti.
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La Biga perfetta
Buongiorno, mi piacerebbe sapere quando una biga può considerarsi pronta per essere rinfrescata?
Appurato che parliamo di Biga classica, con 45% di acqua, 1% di lievito, farina w300 e riposo a 16 - 18 C° e impastata in blocchi compatti, quali sono i segnali per valutarne lo stato? Volendo misurare il pH, quale è il valore ideale per procedere al rinfresco? Grazie
Buongiorno a lei, mi scusi ma cortesemente cosa intende con il termine "rinfrescare una biga"? Non vorrei fraintendere. Nella speranza di un suo chiarimento, le invio i miei più cordiali saluti.
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W e contenuto di proteine totali
Buongiorno Avrei un quesito. Ho postato già questa domanda nei gruppi ma ho ricevuto mille risposte tutte discordanti e più o meno fantasiose e a mio avviso poco scientifiche. Morale: la mia domanda non ha risposta. Un amico poi mi ha consigliato questo meraviglioso sito dove so che c'è Simona Lauri che risponde. Vorrei sapere quale relazione c'è tra W e contenuto di proteine totali. Grazie e complimenti. PS Ammiro immensamente quella donna!
Buongiorno a lei. Grazie per l'immensa stima e ammirazione. Spero di rispondere esaurientemente al suo quesito. Molto spesso si mette in relazione diretta la forza (proprietà reologica di un impasto ed espressa come W ed inteso come semplicissimo algoritmo matematico) e il contenuto di proteine totali. La relazione è sbagliata o per lo meno è molto approssimativa se non si fanno le dovute considerazione che per semplificazione di discorso cercherò di riassumere in un elenco puntato
1. Il 9 - 11% (media del contenuto proteico totale del frumento) rappresenta, appunto, il valore della proteine totali. Di questa quantità solo circa 80 - 85% sono le insolubili cioè quelle che poi interagiranno per formare la massa viscoelastica. Già da questo dato può ben comprendere che non parliamo più della totalità della frazione proteica ma di una frazione di essa. La restante parte delle proteine totali (circa 15 - 20%) è rappresentata dalle solubili che includono oltre ale albumine, tutti gli enzimi presente naturalmente nella cariosside.
2. 80 - 85% delle insolubili è rappresentato da: gliadine (prolammine) e glutenine, tipologia della subunità, sequenza amminoacidica ripetuta e specifico rapporto tra di esse. La “forza” (intesa come valore di W) del glutine è dovuta soprattutto a come questi polimeri si strutturano (reticolano) tra di loro piuttosto che alla loro quantità. Non solo ma dipende anche da: specifico rapporto gliadine/glutenine (come detto sopra) insito nelle cultivar, presenza delle frazioni omega delle gliadine (strutture senza cisteina), numero di aminoacidi e sequenze ripetute centrali nelle glutenine ricche di glutammina, iterazioni idrofobiche forti , presenza di fibre, capacità di formare cross link tirosina-tirosina, solubilità/insolubilità delle omega gliadine, ecc . La faccio un esempio pratico: la varietà Senatore Capelli cosi come Tumminia, Gentil Rosso, ecc., hanno un contenuto di proteine totali anche del 17% ma un W molto basso (<100) rispetto alle varietà selezionate dopo il 1960 che presentano un valore notevolmente inferiore di proteine totali ma un W elevato (W>300). Chiaramente non si parla solo di W ma del complesso delle proprietà reologiche, poiché la particolare struttura, tipologia e sequenza amminoacidica dei complessi proteici, influenzano: legami molecolari covalente e non sia inter sia intracatena, assorbimento di acqua, estensibilità, elasticità, tenuta in cottura, ecc. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito ma soprattutto di aver dissipato i suoi dubbi, le invio i miei più cordiali saluti
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Sodio o sale?
Buongiorno Dott.ssa il medico mi ha detto che devo ridurre il sale. Mangio tanti snack e guarda caso, più sono salati più mi piacciono. Vorrei sapere quanto sale c'è nel pane? Non sono tutti uguali... giusto? Anche i dolci contengono sale? Lo posso sapere prima di acquistare il prodotto? Grazie a lei e complimenti per il servizio. La seguo da sempre. Impeccabile.
Buongiorno a lei, prima di tutto grazie per essere un nostro affezionato lettore e fan! Uno dei più diffusi errori che compie l'opinione pubblica comune è quello di identificare il "sodio" con il sale comune, meglio conosciuto come cloruro di sodio (NaCl). In realtà la parola "sale" identifica in chimica tutto una serie di composti elettricamente neutri che si formano quando un acido organico o inorganico reagisce con un idrossido; alcuni contengono sodio (come appunto il cloruro di sodio, il bicarbonato di sodio, glutammato di sodio, benzoato di sodio ecc. ) altri NO. Per cui non è il sale che fa "male" ma elevate concentrazioni di sodio presente in moltissimi alimenti sia sotto forma di cloruro di sodio e sali simili in insaccati crudi e cotti, formaggi, pietanze già pronte, latte, alimenti in salamoia, dado da brodo, concentrati, alimenti sotto sale, verdura, carne, farciture varie, patatine, snack salati da aperitivo, junk food, pane, pizza, dolci ecc. sia come ione sciolto in acqua che beviamo, integratori, nell'acqua della pasta ecc. Sicuramente il medico le avrà detto di ridurre il sodio in quanto, seppur ione essenziale nella cosiddetta pompa cellulare sodio/potassio che regola l'omeostasi cellulare, nella trasmissione degli impulsi nervosi, nella contrazione muscolare, ecc., se in eccesso può generare squilibri tra i quali: aumento della ritenzione idrica che a sua volta può generare ipertensione, ictus, malattie cardiache, malattie renali, osteoporosi ecc. Il sale (cloruro di sodio) contenuto nell'impasto del pane è mediamente compreso tra 1,8 - 2,2% sulla farina. Attualmente moltissimi panificatori lavorano con 1,0 - 1,5% cosi come ci sono regioni italiane in cui il pane, per tradizione storico - gastronomica, non ha sale aggiunto. Cosi come può capitare che, chi panifica con farina di segale in purezza, ecceda leggermente arrivando proprio alla soglia del 2,2%; soglia che in un pane di frumento tenero/duro risulta eccessiva al palato. Cosa ben diversa è invece la percentuale di sale usata dalla maggior parte dei pizzaioli nell'impasto arrivando al 3,0% sulla farina, al quale poi deve aggiungere la sapidità delle farciture. Tenga poi presente che anche un comunissimo plumcake, muffin, ecc., se realizzato con il cosiddetto lievito chimico in polvere (bicarbonato di sodio, difosfato disodico, carbonato acido di sodio, sali di sodio in generale ecc.) oppure con il baking powder contiene sodio ma la percezione della sapidità al palato è inesistente proprio perché "dolce". In ogni caso il Reg Ue 1169/2011, obbliga all'etichetta nutrizionale ed il consumatore è immediatamente informato di quanto "sale" c'è nel pane che acquista. L'etichetta nutrizionale è riportata o nel libro degli ingredienti presente obbligatoriamente nel punto vendita oppure stampata sulle etichette nel caso il prodotto (dolce o salto) sia preimballato. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti
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viscosità farine italiane
Gentile professoressa, sto cercando di trovare delle farine italiane adatte alla produzione di ramen e udon. In Giappone il dato reologico più importante, è la viscosità dell’amido misurata attraverso l'amilografo di Brabender. Per il Ramen i valori minimi sono intorno ai 850 B.U. mentre per gli Udon il valore può raggiungere anche i 1300 B.U. Mi domando se si possano trovare valori amilografici simili anche nelle farine o nelle cultivar italiane. Grazie
Buongiorno a Lei, nelle farine di frumento tal quali è un pochino impossibile a meno che non proceda con l'aggiunta volontaria di addensanti come Kuzu o Konjak. Spero di esserle stata di aiuto. Un saluto cordiale.
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sviluppo del pane in cottura
Buongiorno dottoressa, è da tempo che cerco di risolvere questo problema, lo sviluppo del pane in cottura. questo fenomeno può cambiare a seconda della tipologia di pane prodotto, o è dovuto alla quantità e qualità del lievito di birra usato per quella ricetta? O è un errore di impastamento, cioè impastato poco o troppo, temperature di fine impasto sbagliate, biga o pasta di riporto poco o troppo fermentate . Grazie siete sempre molto disponibili.
Buongiorno a lei, mi scusi ma la sua domanda è un pochino troppo generica e non riesco a risponderle correttamente. Ogni tipologia di prodotto deve sviluppare in cottura in modo specifico (dei pani sviluppano pochissimo come la segale in purezza, altri invece quasi "esplodono") cosi come l'apertura dei tagli (quando e se presenti!) La mancanza di sviluppo può dipende da innumerevoli fattori: farina (scarsa attività enzimatica, P/L elevato ecc.) temperatura, tempi, ricetta, idratazione, biga, tipologia e temperatura del forno, vapore, impastamento, avvolgitura errata, attività metabolica e quantità lievito, semilavorati, dose eccessiva di enzimi aggiunti, ecc. ecc. Cortesemente potrebbe essere più preciso/a? Senza un riferimento specifico resto purtroppo nel campo delle ipotesi e della teoria. Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online. In attesa di un suo riscontro, le invio i miei più cordiali saluti.
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Rinfresco del licoli per GL
Ciao Simona, leggo in una tua risposta drl rinfresco del licoli con meno farina per un GL. Non lo avevo mai sentito, semmai mi era stato suggerito quel rinfresco per svegliare un licoli un po' pigro. Gestisco il licoli al 75/80% idro , con rinfreschi quotidiani 1,5 o 2 , tenuto a TA (17/18°) e frigo intorno ai 7/8°. Potresti fare un esempio di rinfreschi per GL partendo da licoli in buona forma , lo vorrei provare. Grazie mille.
Buongiorno a te. La gestione della madre liquida (scusami ma da professionista non lo chiamo li.co.li) oppure solida è molto soggettiva e lasciata alla abilità del singolo operatore. Tutti metodi corretti, tutti metodi sbagliati soprattutto se valutati per post o per email perchè non si ha mai la visione della problematica sensoriale ed effettiva di quel particolare stato fisico in cui si trova la madre. In ogni modo il 90% dei GL li faccio con la madre solida (provengo da anni da quella scuola e non abbandono la strada vecchia!) anche se gestisco la madre liquida per la maggior parte dei prodotti (da dolci a salati, da pane a pizza a brioche ecc.) e capita anche per i GL. In quella occasione utilizzo questi rapporti madre:farina 330W:acqua = 1:1:0.80 a 28 - 30°C per 4 ore. Secondo rinfresco uguale e dopo 4 ore utilizzo nel primo impasto di GL. Spero di esserti stata utile e ringraziandoti per esserti rivolto al nostro servizio di consulenza online, ti auguro una serena giornata.
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La pasta strappa
Buongiorno Dott.ssa complimenti per il servizio e la professionalità. Ho un problema che mi assilla da 15 giorni e riguarda i panetti del pane lavorato banane, aurore,ecc. Quando li passo nella chifferatrice strappano. Non mi è mai capitato. Cosa può essere successo? Grazie
Buongiorno a lei. Leggendo la sua email posso intuire che non abbia cambiato nulla nella ricetta di base. Gli strappi sono dovuti generalmente a tre fattori: eccesso di forza della massa, chiusura troppo stretta dei cilindri e temperatura troppo alta. Tralasciando i primi due fattori in quanto il problema si presenta solo da 15 giorni e non da sempre, posso intuire (spero di non prendere abbagli!) che si tratti di una temperatura eccessiva. La "solita" temperatura, cioè quella con la quale ha lavorato fino a 15 giorni fa è troppo alta per cui le consiglio di usare, per l'impastamento, acqua a 1- 2°C, biga fredda, impastare solo in 1 velocità, diminuire o annullare i passaggi al cilindro ed evitare il più possibile il riposo dei pastoni dopo lo staglio. I panetti devono essere freddi; se si alza la temperatura (del locale e dell'impasto), l'impasto inizia a lievitare anche in massa, prende forza e i panetti "strappano" alla chiferatrice. Nella speranza di esserle stata di auto, di aver risolto il suo problema e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online, le invio i miei più cordiali saluti.
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Problemi con panetti di pizza e biga consigliata
Ho sempre fatto la pizza napoletana ma ho letto della biga. La faccio seguendo i consigli che ho letto sui post ma ho dei problemi. I panetti non si muovono. Le spiego cosa faccio: farina 400W 45% di acqua e 10g/kg di lievito secco per la biga. La metto a +4°C 10 ore e la utilizzo il giorno dopo. Lavoro con il 30% di biga, aggiungo farina 400W, lievito secco, acqua, olio, sale. Impasto, lascio riposare 2 ore, staglio e servo alla sera. Perché non si muovono i panetti? Dove sbaglio? Grazie a lei
Buongiorno a Lei, mi scusi ma la BIGA, quando è definita tale da un linguaggio tecnico universale riconosciuto in arte bianca ( i pizzaioli non sono diversi dai panificatori perché la scienza e il linguaggio sono uguali per tutti!) , non è realizzata con il lievito secco ma con il lievito fresco. A mio modesto parere, ci sono quattro errori fondamentali nel processo produttivo:
1. utilizzo di una farina troppo forte per la tempistica di stoccaggio della biga e dell'impasto prima dell'utilizzo serale.
2. utilizzo del lievito secco nella biga, temperatura troppo bassa e tempi troppo brevi di stoccaggio per una 400W.
3. utilizzo del lievito secco nel rinfresco.
4. utilizzo di una percentuale troppo bassa di biga nel rinfresco per una tempistica di lavorazione cosi corta.
1. Per una lavorazione cosi "corta" sia per la produzione della biga sia del riposo dei panetti non deve utilizzare una farina 400W ma al massimo una 250 -280W (Chi lo ha detto/scritto che una biga si deve fare solo con 400W?)
2. La biga, in quanto tale, è realizzata sempre con il lievito fresco in percentuale del 1,0% sulla farina utilizzata cioè 10g/Kg di farina sia in estate sia in inverno soprattutto se si possiede una cella fermabiga in cui vi è la possibilità di regolare la temperatura a 16°C in estate e 18°C in inverno. Il fattore che regola l'intero processo di produzione è la temperatura interna ed esterna oltre chiaramente all'attività fermentativa del lievito. Se la fa cosi "corta", deve modificare la tempistica di impastamento (aumentare i minuti) e se non ha la possibilità di stoccarla a temperatura controllata, la metta all'inizio appena fatta a +4°C e poi a t.a. Non riesco a specificare il tempo perchè non conosco la sua t.a.
3 - 4. Per una lavorazione cosi corta, utilizzi tutta biga senza aggiunta nel rinfresco di lievito secco o fresco. Aggiunga solo gli ingredienti mancanti nella ricetta.
Nella speranza di esserle stata di aiuto e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online, le auguro una buona giornata.
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Pasta di riporto
Buongiorno, ho sempre avuto dei dubbi sul metodo di mantenimento della pasta di riporto. Va conservata in frigo a+4 o a 16°/ 18° gradi assieme alla biga? Se la gestisco alla stessa temperatura della biga il giorno dopo non sarà tropo acida? Grazie mille per la vostra disponibilità.
Buongiorno a Lei, in questa stagione le consiglio di conservare la pasta di riporto in frigorifero per la maggior parte delle ore e poi 3 ore a t.a. qualsiasi temperatura abbia. La biga per sua caratteristica strutturale (pochi minuti di impastamento e 45% di acqua) può stoccare senza problemi 24 ore a 16/18°C oppure può andare oltre a 36 o 48 ore purché la mantenga a +4°C per le prime 12 - 24 - 36 ore. La pasta di riporto è una massa completa di tutti gli ingredienti; contiene malto, un maggior quantitativo di acqua aggiunta ed è più "veloce" in termini di fermentazione nonostante, a differenza della biga, contenga il sale; Inoltre, ha subito un impastamento completo e pertanto è stata sottoposta a un maggior riscaldamento meccanico. Giustamente, come ha sottolineato, non può gestirla come una biga ma proprio come un "riporto" . A livello casalingo non le consiglio di usare il "riporto" a +4°C a meno che non lavori con impastatrici professionali ed abbia la necessità (soprattutto in estate) di abbassare il più possibile la temperatura della massa a fine impastamento. Nella speranza di esserle stata di aiuto e ringraziandola per aver usufruito del nostro servizio di assistenza online, le auguro una serena giornata.
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Biga impastata a mano
Buongiorno Dott.ssa leggo in tantissimi gruppi che la biga si deve impastare a mano. E' vero? No perché non capisco più nulla. Grazie a lei e complimenti per l'ottimo servizio estremamente competente e professionale.
Buongiorno a lei. NO secco! La biga non ha questa necessità. Suppongo che i gruppi a cui Lei fa riferimento siano tutti amatoriali (non ho mai visto in quarant'anni di carriera un professionista panificatore impastare a mano 20 - 30 - 50 Kg e più di farina per fare la biga!) ma anche in questo caso... NO non è una condizione sine qua non e soprattutto, con l'impastamento manuale, non si risolvono i problemi che possono sorgere nel caso di una struttura non formata come in questo caso ( la massa può "marciare" senza aumentare di volume!). Se una persona la vuole impastare a mano (max 1 Kg di farina!) perché non ha una impastatrice... liberissima di farlo, ma non deve assolutamente passare il messaggio che sia un obbligo perché NON LO E'. A livello casalingo la maggior parte delle persone hanno una piccola impastatrice e possono benissimo usare quella (500,0 g o 1000,0 g). La cosa fondamentale della biga è legata al fatto che non si deve scaldare troppo cioè non si deve impastare per troppi minuti e la temperatura dell'acqua non deve superare il valore ricavato dal calcolo 55 - t. farina - t. ambiente, cioè la temperatura del luogo in cui è lasciata stoccare. Se ciò dovesse succedere e ci si accorge che si è andati oltre (overmixing) e l'impasto non è più a grossi blocchi ma compatto, nessun problema... si accorciano i tempi di stoccaggio anche a 5/6 ore a 16/18°C oppure si opta per una conservazione a +4°C e poi a 16/18°C sempre per 6/8 ore (dipende dall'overmixing e dalla farina utilizzata). Spero di aver dissipato i suoi dubbi, ma soprattutto di aver contribuito a stroncare un messaggio tanto social quanto fuorviante e non corretto. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
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I coadiuvanti/enzimi si dichiarano in etichetta?
Buongiorno Dottoressa, nella realizzazione dei nostri pani utilizziamo dei coadiuvanti che contengono enzimi. In etichetta è corretto omettere la presenza degli enzimi come ingrediente visto che la farina li contiene naturalmente e dopo la cottura si "disattivano"? Grazie mille
Buongiorno a Lei, nel momento in cui utilizza un coadiuvante/semilavorato tra gli ingredienti dei suoi prodotti è OBBLIGATO a dichiararlo in etichetta in virtù del Reg Ue 1169/11. Se opera una aggiunta volontaria di un enzima/coadiuvante, indipendentemente dalla quantità, lo deve dichiarare in etichetta in quanto è considerato un ingrediente, come esplicitamente riportato nel art2.2 f Reg Ue 1169/11 "... «ingrediente»: qualunque sostanza o prodotto, compresi gli aromi, gli additivi e gli enzimi alimentari, e qualunque costituente di un ingrediente composto utilizzato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se sotto forma modificata...". Se opera una aggiunta volontaria è perché ha la volontà/necessità che tali enzimi svolgano una funzione tecnologica specifica (in caso contrario non si giustificherebbe la sua decisione di aggiungerli), pertanto anche se "già contenuti in uno o più ingredienti di tale alimento" (art 18, paragrafo 1, lettere a) e b) Reg (CE) n. 1333/2008 l'aggiunta va dichiarata secondo art. 20 comma b,,i Reg Ue 1169/11. Il consumatore ha il diritto di essere informato e lei l'obbligo di dichiarare in etichetta se il pane contiene o è fatto con semilavorati/coadiuvanti/ "enzimi" vari. Indipendentemente dal quadro normativo di riferimento è un dovere morale, etico e di trasparenza aziendale, informare il consumatore/operatore del settore della presenza di tali molecole, in quanto potenziali allergeni. Sul fatto che si disattivino durante la cottura non mi trova d'accordo, perché dipende dal tipo di enzima utilizzato, dato che molti di essi presentano una temperatura di denaturazione proteica oltre i 90 - 95°C restando attivi a cuore nel prodotto post cottura. Pertanto possono sviluppare, in chi manipola gli sfarinati e consuma tali prodotti un'importante sensibilizzazione come asma bronchiale, dermatite da contatto, dermatite atopica, crisi allergica respiratoria se inalati, ingeriti, per contatto ecc. come da casi riportati in bibliografia specifica internazionale. Molti pareri EFSA in proposito cosi concludono: “Il gruppo di esperti scientifici ha ritenuto che, nelle condizioni d'uso previste, il rischio di sensibilizzazione allergica e reazioni in seguito all'esposizione alimentare a questo enzima alimentare non può essere escluso, ma la probabilità che tali reazioni si verifichino è considerata bassa.” Il rischio resta basso se il contatto/ consumo resta saltuario e basso, ma se costante e giornaliero il rischio si eleva. Nella speranza di essere stata di auto e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una buona giornata.
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Modifica temperatura prefermento
Salve,
Produco pizza al padellino, idro 70-75%.
Uso prefermenti (30% su totale) idratati tra 45 e 50%, mi domandavo se utilizzando meno acqua (42%), aumentando la temperatura uscita (25) e alzando il lievito (1 -1,1 invece di0,8) andrei a ottenere un preimpasto che dia maggiore "struttura". (10 ore a 16-18 °c)
Il ragionamento riprende l'idea di chiudere impasti duri a 22-23 ma quelli molli a 26-27 per dare maggiore struttura, non so quanto questo sia trasferibile ai prefermenti.
Grazie
Buongiorno a Lei mi scusi ma cosa sono i "prefermenti"? Il termine è di pura invenzione social e dalla sua email non riesco assolutamente a capire a cosa Lei si riferisca. Cortesemente potrebbe essere più chiaro e specificare meglio? Ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una buona giornata.
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Biga gestita a freddo per pane
Salve dottoressa uso una biga gestita in cella a 4 gradi con una maturazione di 24 ore complessive 4 ore a t. A circa ( 21/22 gradi) e 20 ore in cella a fine maturazione al tatto e di aspetto sembra buono solo che ha un tono acido molto accentuato preciso è stato fatto con una farina 0 400 w 50% idratazione 1% lievito sa darmi qualche consiglio, la ringrazio in anticipo, cordiali saluti
Buongiorno a lei. Mi scusi se mi permetto ma a mio modesto parare, la sua impostazione di produzione della biga è da modificare in toto, soprattutto per un processo standard di stoccaggio di 24 ore, per diversi motivi:
1. Il freddo va prima del caldo. I 4°C vanno prima dei 16 - 18°C o della temperatura del locale.
2. Assolutamente non è necessaria una farina 400W ma è ottimale una 300 - 310W per 24 ore.
3. La quantità di acqua non deve superare i 44 - 45% sulla farina utilizzata.
4. Utilizzi la formula: 55 - temperatura farina - temperatura del locale (16°C - 18°C o quello che ha) per trovare la temperatura dell'acqua da utilizzare. Utilizzi all'occorrenza acqua refrigerata a +4°C.
5. Impasti per pochi minuti e solo fino a quando la farina è stata assorbita nella massa. La struttura deve essere a blocchi ma non farinosa.
6. Utilizzi sempre lievito fresco.
Dalla sua email intuisco che la sua biga potrebbe essere acida ma assolutamente non è matura. In gergo tecnico si dice "è marcita piuttosto che maturata" e i motivi purtroppo possono essere vari e purtroppo la descrizione riportata nella sua email, non mi aiuta. (troppo freddo, troppo poco impastata, acqua troppo fredda, ecc.). Le consiglio pertanto di operare le modifiche che le ho riportato, assicurandosi di impastare in prima velocità meglio ancora con la "retromarcia" fino alla formazione di una struttura a blocchi compatti grossolani. La copra non con un cellophane a contatto ma con un telo di cotone e poi cellophane sopra il mastello. Se invece utilizza un clima biga imposti a 16/18°C in base alla stagione con 60%UR e non copra i mastelli. Il contenitore deve essere, come dimensioni, tre volte la massa che introduce, ma non eccessivamente largo perché deve esercitare una sorta di "contenimento strutturale". Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio e sperando di esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti.
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Idratazione Pasta Madre liquida
Salve Dott.ssa, innanzitutto la ringrazio per il prezioso lavoro di divulgazione che sta facendo per tutti noi addetti ai lavori. In una pasta madre liquida (idratazione 100%) cosa cambio se vario l'idratazione dal 100% al 80% per quanto riguarda lievito e batteri. Grazie mille
Buongiorno a Lei. Grazie per i complimenti, per essere un nostro assiduo lettore e seguire questa rubrica. Personalmente ritengo che passando da 100% a 80% non ci siano sostanziali differenze (varia poco o nulla!) a livello di microflora soprattutto se fatta saltuariamente. Invece, a livello di struttura, può incordare di più e dare più forza alla massa finale a parità di quantità aggiunta rispetto alla madre 100%. E' una tecnica che si adotta quando si desidera usare una madre liquida per i lievitati e si ha la necessità di incordarla maggiormente per dare più forza alla pasta acida naturale. Ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio e sperando di aver risposto esaurientemente al suo quesito, le auguro una serena giornata.
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Sponge
Buongiorno cosa s'intende per "prefermento sponge,? Grazie per la gentile risposta e per il servizio offerto gratuitamente
Buongiorno a Lei, mi scusi ma la parola "prefermento" tanto usata, abusata, condivisa e ripetuta sui social non è corretta da un punto di vista microbiologico poiché, nel momento in cui si utilizza il lievito fresco (fermento) S. cerevisiae, la massa stessa diventa un fermento non un pre-fermento ma proprio un fermento a tutti gli effetti. Fatta questa doverosa precisazione tecnica rispondo immediatamente al suo quesito. Sponge o spugna non è nient'altro che una massa che, possiede una % di acqua aggiunta (calcolata sulla farina) compresa tra la biga (44%) e il poolish (100%). Non c'è una definizione e/o un metodo standardizzato di lavoro, ma ogni operatore utilizza la percentuale di acqua che ritiene più opportuna (mediamente circa 65/70% sulla farina) e circa 1% di lievito fresco. Diciamo che è una sorta di poolish ma a differenza di quest'ultimo e a parità di percentuale di lievito fresco utilizzato, ha bisogno di un tempo un pochino più lungo di maturazione. Mi spiego meglio; un poolish realizzato con 1% di lievito, matura mediamente a 18 - 20°C in 4 ore, lo sponge in 5/6 ore alla stessa temperatura. Diciamo che quando non è biga o poolish è ... SPONGE. Ogni operatore agisce a suo piacere (come % di acqua!), come vuole e poi chiama la massa SPONGE! Nella speranza di esserle stata di aiuto ma soprattutto di aver risposto esaurientemente al suo quesito, le invio i miei più cordiali saluti.
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Rapporto Inoculo/Farina
Salve Dott.ssa Lauri, vorrei gentilmente chiederle un chiarimento in merito al rapporto inoculo/farina nella fase di rinfresco della madre. Cioè realmente cosa cambia nella pasta madre se effettuo un rinfresco 1:1 oppure 1:2 o 1:4? Grazie per la sua gentile diponibilità e per il servizio offerto.
Buongiorno a Lei, allungare i rapporti cioè aumentare il quantitativo di farina sul peso della madre quindi 1:2 ( peso madre: peso farina - in questo caso il doppio) oppure 1:3 (madre con tre volte il peso della farina) vuol dire "indebolire" la madre per correggere o difetti di eccessiva acidità oppure per allungare il tempo del rinfresco . Mi spiego meglio, una madre con rapporto 1:1 richiede un rinfresco, in linea di massima, giornaliero; se allungo il rapporto e metto più farina posso fare rinfreschi a giorni alterni. Se allungo il rapporto devo prestare, però, attenzione anche alla temperatura di conservazione perchè si potrebbe rischiare un eccesso di debolezza se conservato sempre a temperature prossime a 0°C. Il caso contrario è invece quello relativo alla diminuzione dei rapporti 1:0,5 vuol dire che il peso della farina è la metà del peso della madre. Si adotta questa tecnica per dare forza alla madre ed operare più rinfreschi. In questo caso si procede anche con la riduzione di un punto in percentuale sulla quantità di acqua aggiunta rispetto allo standard 45%. Questa tecnica qualche professionista artigiano la adotta prima di usare la madre in un grande lievitato operando la conservazione a circa 28 °C. Riassumendo; se voglio dare forza rapporti corti e caldo, se devo correggere e diminuire la forza rapporti lunghi e freddo. Nelle speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
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Puntata, appretto
Buongiorno Vorrei sapere se è più consigliabile una puntata breve e un appretto lungo o viceversa? Grazie per la risposta e per il servizio gratuito offerto.
Buongiorno a lei, mi scusi ma a cosa si riferisce? Nel suo quesito Lei non specifica nulla per cui è una domanda che, da come è posta; potrebbe restare senza risposta. Ogni prodotto ha una specifica puntata e un appretto; gli impasti molli hanno "puntata" molto più lunghi degli impasti duri o bastardi in cui può essere addirittura assente. Non solo ma dipende anche dal tipo di lavorazione; poolish, biga piuttosto che madre. Cortesemente potrebbe essere più chiaro/a? Grazie per essersi rivolto al nostro servizio. Un saluto cordiale
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Madre liquida
Salve Dott.ssa Lauri, in una madre liquida come suggerisce d'intervenire per favorire l'attività dei lieviti rispetto ai LAB? Grazie per la sua disponibilità.
Buongiorno a lei. Mi scusi ma la sua email è un pochino troppo generica e non conosco né il motivo del suo quesito (cosa le ha fatto capire che l'attività dei lieviti è scarsa?) né lo stato della sua madre né il rapporti LAB/lieviti né i suoi rapporti di allungo. Alcuni operatori non rispettano lo standard e modificano i rapporti in base alle esigenze. Mi scuserà quindi se, in assenza di informazioni specifiche, ipotizzo o per lo meno mi baso sui rapporti standard madre : acqua : farina = 1:1:1. mentre non ho specifici riferimenti per il LAB/lieviti della sua madre in quanto, nella gestione liquida, lo standard LAB/lieviti 100:1 può subire delle variazioni anche significative a favore di lieviti. Dovendo restare nel generico le consiglio, durante il rinfresco, di cercare di incorporare più aria possibile. Mi spiego meglio; quando opera il rinfresco si assicuri di sciogliere bene la madre liquida nell'acqua (28°C), di usare le fruste della planetaria (MAI MAI le lame!!!!!) ed aggiungere la farina solo dopo che la massa liquida ha schiumato abbondantemente. Dopo aver aggiunto la farina cerchi di aumentare ancora la velocità e di incorporare ancora aria. Non conservi la madre liquida a +4°C ma dopo 4/5 ore a 28°C operi un altro rinfresco con le stesse modalità (abbondante agitazione!) e poi un altro dopo ancora 4/5 ore sempre conservando a 28°C. Non è necessario l'utilizzo di una farina "forte", ma una semplice farina 180 - 200W perché non sta ragionando sulla struttura glutinica ma sulla modifica della microflora interna che non dipende dalla struttura reologica. Nella speranza di esserle stata di aiuto e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
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Pane di Segale con licoli di farina 00
Buongiorno dottoressa e grazie in anticipo, per la sua cortese risposta. Per fare un pane di segale con 70% di farina di segale e il restante 30% con farina 00 e usando il mio licoli di farina 00 é meglio rinfrescare il licoli come sempre con farina 00 o in questo caso con farina di segale? lo stesso licoli é meglio poi usarlo al raddoppio come faccio con gli altri pani o aspetto magari 24 ore che collassi prima di usarlo per avere cosí un licoli piú acido. Grazie mille e saluti
Buongiorno a Lei. Personalmente procederei in questo modo; la quantità di madre liquida la dividerei in due parti in modo tale da avere una madre liquida con farina Tipo 00 e una gestita con solo farina di segale. Prima di procedere con la produzione del pane di segale 4/5 giorni prima procederei con il rinfresco della porzione di madre destinata a questo scopo, con solo farina di segale proseguendo nei giorni successivi sempre con solo farina di segale e stoccaggio a 28 - 30°C e non a +4°C. Il motivo di tale scelta consiste nel fatto che a 30 - 35°C vi è una maggior produzione di acido lattico che ha un valore di pKa minore rispetto all'acido acetico per cui risulta un acido più forte e pertanto abbassa più velocemente il pH della madre. Usi la madre liquida al raddoppio come di consueto. La quantità poi di madre con solo farina di segale da usare indicativamente sarà del 40 -45% sulla farina aggiunta e con 0.5% di lievito fresco da aggiungere sempre sulla farina aggiunta. Formato l'impasto lo lasci puntare minimo 24 ore a 18°C prima di procedere con la formatura. Nella speranza di esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti. Sempre a disposizione e buona giornata
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Preimpasto autolisi con acqua calda.
Buongiorno dottoressa. Sto provando a fare un preimpasto in totalità facendo una autolisi con acqua calda circa 30-40 gradi e pochissimo lievito 0,1 % . Perché le prime pizze escono bene e poi perdono la forza. Ho visto che Vincenzo Abbate usa quel tipo di fermento. Grazie mille per la risposta.
Buongiorno a lei, Mi scusi ma la tecnica di lavoro non la conosco; non che non conosca la metodica chiamata "autolisi" ma questa specifica gestione personalizzata. Sono mortificata, ma non purtroppo non riesco proprio ad aiutarla. Le consiglio di contattare direttamente il Sign. Abbate per i dettagli tecnici. Un saluto cordiale e sempre a disposizione.
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Pizza vetrosa dura
Buon giorno dottoressa. può un glutine lavorato tanto sviluppare un prodotto in cottura duro, vetroso non piacevole da masticare.? Grazie per la sua risposta
Buongiorno a lei, cosa intende per lavorato tanto? Impastato tanto? Se si riferisce all'impastamento più lavora in seconda velocità, più si snerva e va oltre il cosiddetto "tempo di sviluppo". Se invece si riferisce ad altro, in linea di massima è esattamente il contrario; più si lavora, soprattutto sotto cilindro o sfogliatrice, più si snerva. Attenzione però deve passare l'impasto tante volte per minimo 6 - 7 minuti sotto cilindro perchè con solo pochi passaggi acquista molto "nervo" o forza. Se, come mi sembra di capire, si riferisce all'impasto della pizza deve evitare di rigenerare e/o usare farina con W oltre i 350. La vetrosità è però un altro difetto legato soprattutto al "freddo" negativo o prossimo allo 0°C della cella/frigorifero, impasti con una elevata % di acqua aggiunta, senza grassi o zuccheri nella ricettazione. Spero di esserle stata di aiuto e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una buona giornata
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Licoli incordato
Buon giorno dottoressa, a volte nel rinnovo e nel utilizzo del mio licoli lo incordo con la foglia della planetaria alla massima velocità quello che noto è che mi sembra più forte e collassa in un tempo maggiore, ora volevo chiederle se ci sono delle " controindicazioni" nel lavorare in questo modo il licoli. Grazie e buon lavoro
Buongiorno a lei. Si certamente, procedendo in quel modo la "rinforza" e la incorda soprattutto se riduce la percentuale di acqua aggiunta dal 100% al 80 - 85%. Quello che ha notato è proprio quello che accade; la madre si rinforza, sposta l'equilibrio verso i lieviti e, a parità di W di farina utilizzata, collassa in un tempo maggiore. No nessuna controindicazione... è più in "forza" e può utilizzare una percentuale minore sul prodotto finito sia perché contiene meno acqua sia per una diversa struttura reologica sia per una microflora leggermente spostata verso un crescita maggiore dei lieviti. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online, le invio i miei più cordiali saluti.
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Panini pizza spiattelati
Buon giorno dottoressa. grazie per le risposte alle mille mie domande ,ho fatto caso che mettendo i panini nel frigo dopo lo staglio, si appiattiscono sembrano dei pancakes .potrebbe essere il freddo senza un appretto a temperatura più alta il problema? Grazie. Il sito rinnovato e molto più chiaro e leggibile ,scriverà un alto libro in futuro ? Io sono pronto a comprarlo. Grazie buona giornata.
Buongiorno a lei, rispondo subito all'ultimo quesito... Si non a breve ma penso di scrivere un altro testo. Nel frattempo la ringrazio infinitamente per essere un nostro assiduo lettore e per l'apprezzamento per il nuovo sito. Per quanto riguarda, invece, il quesito sull'impasto le rispondo che... SI, può dipendere dall'assenza della puntata, dal quantitativo di lievito troppo basso, % di acqua, dalla formulazione di lievito usato (fresco, essiccato ecc.) ma soprattutto dalla temperatura magari troppo bassa dell'impasto (non deve inferiore ai 23 - 24°C). Le consiglio di usare lievito fresco e di operare sempre una puntata in massa di due ore a t.a. prima dello staglio e lo stoccaggio in frigorifero se lavora con il diretto. Invece, se lavora con un indiretto con biga e la % di biga usata non supera il 50% sulla farina, faccia una puntata di circa 1 /1,5 ora a t.a. Se lavora con indiretto con biga e staglia e avvolge a mano non ci sono problemi, ma se staglia e avvolge con la macchina i panetti, facendo puntate in massa troppo lunghe, i panetti possono strappare e non avvolgersi. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito, in ogni caso non esiti a contattarmi nuovamente. Grazie per essersi rivolto al nostro servizio. Un saluto cordiale.
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Biga lunga: percentuale di utilizzo per pane
Gentilissima dott.ssa Lauri, sono un suo estimatore e la ringrazio per il servizio che offre. Sono un panificatore casalingo e di solito utilizzo la biga classica nel mio pane in percentuale di 2/3 (66%) sul totale della farina (es: 666 gr farina per la biga; 333 gr farina per il rinfresco). Vorrei provare ad usare la c.d. biga lunga (24 h a 4 gradi; 18 h a 18 gradi circa). Posso utilizzare la stessa percentuale della biga classica o è consigliabile un'altra percentuale? Grazie
Buongiorno a Lei, la percentuale di biga usata nell'impasto finale non cambia e non è in funzione del fatto che sia una biga std (18 ore a 18°C) o una biga lunga cioè una biga che ha stoccato per un numero di ore maggiore di 24. Deve solo fare attenzione alla gestione della biga. P.e. se decide di fare un biga di 30/36 ore, subito dopo l'impastamento, deve stoccare a +3/4°C per 6/12 ore e poi successivamente rispettare la canonica temperatura +16°C in estate e +18°C in inverno per le restanti 24°C. Farina 330W è ottimale. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti. Buona giornata
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Impasto pizza scarico di zuccheri
Buon giorno dottoressa e grazie per tutte le risposte alle mie mille domande. Avrei un altro quesito se una pizza dopo giorni di stoccaggio a TC in cottura non prende colore, quali zuccheri ha terminato? Gli amidi che gelatinizzano in cottura non dovrebbero portare colore anche loro al prodotto finito. Grazie a lei per la gentilezza e il tempo che dedica a questo servizio gratuito. Buona giornata
Buongiorno a lei mi scusi ma avrei da fare una piccola precisazione al suo quesito. La pizza non termina gli zuccheri ma sarà caso mai l'attività metabolica dei microrganismi presenti a convertire tali zuccheri nei prodotti del metabolismo che nella fattispecie possono essere CO2, etanolo, H2O , acidi, aminoacidi ecc. In linea di massima se non ci sono aggiunte volontarie (malto, saccarosio, fruttosio, lattosio ecc.), gli zuccheri utilizzati nel metabolismo sono quelli che derivano dall'azione enzimatica delle amilasi (alfa e beta), glucoamilasi sui granuli di amido rotti dalla macinazione abbinata all'azione di altri enzimi aggiunti come xilanasi ecc., che svolgono la loro azione sui carboidrati non amidacei oppure le glucossidasi sul glucosio ecc. La gelatinizzazione dei granuli di amido in cottura, (che a sua volta dipende dalla disponibilità dell'acqua, presenza di soluti, origine vegetale dell'amido) non è tale da incrementare la colorazione della crosta in quando avviene a temperature comprese tra 50 - 70°C (in base all'origine vegetale dell'amido), temperature in cui le beta amilasi sono già disattivate quasi al il 90% e le alfa presentano un'attività rallentata. Spero di esserle stata di aiuto e ringraziandoLa per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una buona giornata.
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Proteolisi e acidità
Buongiorno dottoressa Lauri. Aumentando il numero di ore di fermentazione di un impasto (pizza) aumenta la sua acidità? Se è così, tale aumento dovrebbe comportare il rafforzamento del glutine e quindi l'impasto dovrebbe essere più tenace. Perchè dopo tante ore di fermentazione invece si ha un impasto molle e molto estensibile, come se avesse perso struttura?Probabilmente non mi è chiaro il concetto. Grazie
Buongiorno a lei, SI, è esattamente così... non tenacità ma perdita di struttura. Proteolisi, peptinolisi ed acidità sono due concetti differenti. La proteolisi/peptinolisi è una azione di denaturazione proteica operata da una serie di enzimi (peptidici, proteolici ecc.,) endogeni della farina (proteolisi primaria) unita all'azione dei microrganismi (proteolisi secondaria). Tali enzimi si attivano quando si abbassa il pH ed agiscono sui legami che tengono uniti gli amminoacidi che formano le catene proteiche dividendole/rompendole in strutture più piccole. Man mano che l'attività enzimatica procede, le proteine si denaturano (rompono) sempre di più, compromettendo la maglia o rete. L'azione sulla reologia della massa è legata quindi a una perdita/diminuzione di alcuni parametri fondamentali come tenacità, forza a favore di una eccessiva debolezza e perdita di "corpo" se l'azione è protratta nel tempo. Con l'aumento delle ore di fermentazione in massa e l'abbassamento del pH non si rafforza il glutine anzi il contrario. La produzione di acidi, di cui la dissociazione in H+ di questi ultimi porta ad un abbassamento dei valori di pH, è una diretta conseguenza di un processo metabolico microbico LAB, lieviti e altri microrganismi che siano (più lieviti che LAB lavorando con il metodo diretto corto, lungo o indiretto con poolish o biga). Procedendo con il riposo, aumenta la produzione di acidi dovuta al metabolismo dei microrganismi presenti nella massa; di tali acidi, alcuni si dissoceranno in funzione della loro pKa e pH del mezzo e contribuiranno sempre di più alla riduzione del pH fino a una certa soglia sotto la quale si attiveranno enzimi specifici che, come le dicevo prima, avvieranno il processo della lisi proteica. Riassumendo; aumentando le ore di fermentazione in massa di un impasto per pizza/pane aumenta l'acidità totale, si riduce il pH, si attivano enzimi proteo e peptinolitici e di conseguenza diminuirà la forza, tenacità, struttura ecc. della massa. Il concetto al quale lei fa riferimento ossia quello di rafforzamento del glutine in funzione dell'acidità, a mio parere è abbastanza impreciso in quanto fa riferimento al solo impiego della madre ed eventualmente al rapporto acido lattico/acido acetico 3:1 e all'azione che tali acidi specifici possono avere sulla struttura. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti
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denominazione legale pane
Buongiorno, La ringrazio per la sua gentile risposta. Riprendo lo stesso argomento chiedendo:
Il pane con 2% di olive può essere denominato legalmente "Pane alle olive" senza nessun riferimento allo sfarinato (tipo 0)?
Oppure un pane con 2% di curcuma può essere denominato "Pane alla curcuma" e non Pane tipo 0 con Curcuma?
Nel caso di miscele di sfarinati posso denominare il mio pane con lo sfarinato che secondo me diventa quello caratterizzante? (esempio: farina tipo 0 90%, farina integrale 8%, Segale 2%: Denominazione legale:" Pane alla farina di segale" ?)
In poche parole il commerciale vuole evitare la menzione della farina tipo 0.
La ringrazio
Buongiorno a lei. Se utilizza farina di tipo 0, il commerciale NON PUO' evitare tale menzione in etichetta art17 Legge 580/67. Poi si può modificare la denominazione di vendita in base agli altri ingredienti usati, ma tale menzione è un obbligo nel momento in cui utilizza la farina Tipo 0 "Pane di tipo 0 con olive", Pane di tipo 0 con curcuma, Pane di tipo 0 con farina integrale e segale. Ognuno si pone davanti alla legge come meglio crede e se ne assume la responsabilità. Spero di esserLe stata di aiuto e ringraziandoLa per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una serena giornata.
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SOS pane di farina integrale di grano tenero e semola simacinata
Gent.ma Dott.ssa,
Buonasera, dottoressa.
Mi rivolgo a Lei perchè sono molto confusa. Panifico in casa e vorrei migliorare la qualità del mio pane di semola rimacinata e farina integrale di grano tenero. Uso più farina di semola nella ricetta rispetto a quella integrale.
Sarebbe così gentile da spiegarmi come funziona la maturazione dell'impasto in queste due tipologie di farine?
Dal poco che ho compreso leggendo qua e là e guardando diversi video on - line, ho capito che la scomposizione di una farina integrale e di una semola avviene più in fretta rispetto a quella di una normale farina di frumento tipo 0.
Le spiego il mio problema:
Ho provato sia le lievitazioni lunghe che quelle brevi e non riesco a capire perchè l'impasto, dopo la prima lievitazione al raddoppio, si presenta come se fosse "scarico e stanco".
Ho scritto allora ai produttori di tali farine per chiedere la scheda tecnica e le tempistiche di maturazione e lievitazione. Dalle loro risposte si evince che le farine da supermercato che uso sono deboli ( sui 200 W) e reggono lievitazioni brevi a temperatura ambiente, ma di 15 - 20 ore a temperatura controllata.
Recentemente sto provando ad usare 5 grammi di lievito di birra secco per 750 g di mix di queste due farine (idratazione al 65 %) . Effettuo autolisi da mezz'ora, omettendo la crusca della farina per non rovinare la maglia glutinica - impasto a mano. Finisco di impastare ed aggiungo la crusca chiudendo l'impasto a 20 gradi e lo tengo a 20-22 gradi. Lievita in 5 - 6 ore. Poi lo formo e noto già che premendo il dito sulla pagnotta formata rimane il solco e c'è una leggera reazione di spinta.
Lo lascio per altri 15 minuti a temperatura ambiente( alla prova dito il pane non ritorna indietro o vi ritorna in maniera impercettibile), accendo il forno e dopo 20 minuti effettuo il taglio centrale e poi inforno a 250 gradi alla massima temperatura.
Il pane si apre in cottura, rimane un po' pesante, la mollica non si presenta compatta come un pane che ha perso tutta la lievitazione ma si intravedono alveoli molto piccoli.
Quando ho provato a fare lievitazioni lunghe a volte la situazione migliorava. Usavo 0.40 g di lievito di birra secco per 750 grammi di farina e lasciavo l'impasto a lievitare a circa 10 gradi per tutta la notte fino al pomeriggio.
Che cosa potrei fare per migliorare?
Ritornare alle lunghe lievitazioni a temperature basse ( anche lì, però il pane si presenta scarico, spesso e volentieri)?
Non riesco a capire, causa la mia poca conoscenza in materia, se sto gestendo male la maturazione facendo lievitare troppo lentamente gli impasti ( dovrei aggiungere più lievito?).
Spero di essermi spiegata. In attesa di una Sua risposta, Le porgo cordiali saluti,
Buongiorno a lei, leggendo la sua email noto alcuni errori tecnici e le chiedo scusa se procedo per punti ma la risposta richiederebbe una spazio maggiore della sua email.
1. Con farine deboli non deve assolutamente fare l'autolisi ne tanto meno aggiungere la crusca direttamente nell'impasto
2. La crusca la deve lasciar macerare in una massa in fermentazione (poolish, madre liquida, biga ecc.) qualche ora prima
3. Un impasto cosi debole a 20 - 22°C dopo 5/6 ha già raggiunto il massimo della lievitazione. La pesantezza è data dalla crusca aggiunta e dalla farina integrale. Queste particolari tipologie di ingredienti hanno bisogno di tempi molto molto lunghi e di acidificazione. Lavori con un metodo indiretto e prepari biga, poolish o madre liquida solo con le integrali. Rinfreschi poi con la semola rimacinata e proceda con la puntata come da abitudine.
Nella speranza di esserle stata di aiuto e ringraziandola per essersi rivolta al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti
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denominazione legale pane
Buongiorno, utilizzando miscele di cereali diversi tra cui Segale, posso chiamare il mio prodotto: Pane di segale? (la maggior parete della farina è tipo 0)
Grazie
Buongiorno a lei, le chiedo scusa ma per rispondere correttamente al suo quesito e per aiutarla nella corretta denominazione di vendita dovrei conoscere esattamente la miscela di farine utilizzate. In ogni caso se la maggior parte della farina è tipo 0 e poi c'è della segale, una prima ipotesi di denominazione sarà "Pane di tipo 0 con farina di segale". A questo punto però, dato che la farina di segale è nella denominazione di vendita, deve fare il QUID e riportarlo obbligatoriamente tra parentesi nell'elenco degli ingredienti subito dopo la voce farina di segale. Nel caso in cui ci siano molti altri cereali deve riportare "PANE di tipo 0 con farina di segale, ecc., ecc." e riportare per ogni voce, sempre nell'elenco degli ingredienti, il QUID.
Nella speranza di esserle stata di aiuto e ringraziandola per la cortesia, le invio i miei più cordiali saluti.
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Riscaldamento impasto
Durante l'impastamento quale sono i fattori che producono l'innalzamento di temperatura? Spesso usando ingredienti da frigo, e rispettando gli stessi minuti di impasto, ho temperature molto diverse. Come mai? Grazie per la cortese risposta e per il servizio.
Buongiorno a Lei, Prima di tutto l'innalzamento della temperatura è determinato dall'energia (KJ) che si produce durante gli attriti meccanici che si generano durante il moto (accelerazione, velocità, superficie, ecc.) dei corpi. In questo specifico caso, tralasciando la specifica della tipologia di moto e la fisica annessa, vi sono; rotazione della vasca (quando presente!), movimento della spirale o di un qualsiasi organo impastatore contro una polvere (farina) o un corpo già formato (pasta di riporto, biga ecc.), velocità di rotazione, forma dell'organo impastatore, quantità e consistenza della massa da impastare (maggiore sarà la quantità e la consistenza della massa, maggiore saranno gli attriti!) ecc. Ogni impastatrice fornisce dei gradi di riscaldamento che vanno da circa 3°C per una forcella ai 6°C per una braccia tuffanti a 44 battute a quasi 9°C per una impastatrice a spirale usata in seconda velocità. Alla temperatura di riscaldamento meccanico dovrà poi aggiungere la temperatura di tutti gli ingredienti previsti per la ricetta, che nella fattispecie di un impasto per pane si riassumono, per la quantità utilizzata rispetto agli altri, in farina e acqua, per ottenere la temperatura dell'impasto a fine impastamento. A parità di tipologia, quantità, stato fisico degli ingredienti, tipologia d' impastatrice, velocità e tempo se parte da ingredienti a 4°C avrà un impasto finale con un temperatura più bassa rispetto allo stesso ottenuto con ingredienti a temperatura ambiente. Se deve ottenere impasti ad elevate idratazioni non le consiglio di partire con tutti gli ingredienti (acqua compresa) a 4°C e poi impastare usando la massima velocità dell'impastatrice, ma di partire con ingredienti a t.a e di aggiungere metà della quantità di acqua all'inizio e poi il restante a filo dopo la formazione del glutine. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio e nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito, le invio i miei più cordiali saluti
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"Gelatinizzazione"
Salve dott.ssa Lauri, avrei bisogno di una sua opinione per chiarirmi una constatazione fatta. Ho fatto diverse prove per prepararmi del pane di farro dicocco, integrale macinato a pietra. Avendo preso discreta quantità ho deciso di provare modi diversi di prepararlo. Il pane che a mio giudizio amatoriale é sempre venuto meglio é stato quello per il quale ho preparato della "gelatina" usando il 2% della farina e 5 volte il peso dell'acqua facendola gelatinizzare mescolando a fiamma bassa (water Roux). Volevo arrivare alla risposta al contrario : come mai é venuto meglio? Più combinazioni o cmq una spiegazione si può dare? So che non le ho dato altre informazioni su come ho preparato i vari pani, per non essere prolisso, dico però che nella maggior parte delle prove, a parte le variabili non controllabili facilmente, l'unica cosa che cambiava era la presenza del gel. Grazie in anticipo per la disponibilità
Buongiorno a lei.
Sì, certamente. La tecnica da lei descritta è un’ottima soluzione per rendere più soffice un prodotto realizzato con quella varietà di frumento. La metodica è basata sulla gelificazione dell'amido di frumento contenuto nella farina. Operando in quel modo, l'amido intero (che rappresenta la maggior parte dell'amido presente nella farina) raggiunge la temperatura di transizione vetrosa cioè passa da una struttura ordinata (stato di solido amorfo) a una disordinata (solido vetroso). In questa fase, assorbendo acqua, permette l'azione delle alfa amilasi (le beta sono state disattivate dalla temperatura o per lo meno la loro attività a quella temperatura è ridotta a meno del 20%) proprio su quei granuli (amido intero) che non avrebbero funzione a temperatura standard di lavoro (20 – 30°C). Personalmente, se posso permettermi un piccolo suggerimento, non opererei una cottura a fiamma bassa ma aggiungerei acqua (75 – 80°C) in modo che la massa raggiunga una temperatura 70 – 75°C. La farina di frumento gelifica a una temperatura indicativa di 90 – 95°C rispetto all’amido di mais (65 – 70°C) o la fecola di patate (60 – 65°C) ma a quella temperatura tutte le amilasi sarebbero denaturate per cui presti molta attenzione alle temperature. Lo può usare quando la temperatura della massa raggiunge un valore inferiore a 30°C, ma sarebbe meglio farlo riposare 8 – 10 ore fino a completo raffreddamento. In ogni modo la transizione vetrosa in ambiente acquoso della farina non interessa solo l’amido ma tutti i componenti , proteine comprese. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza, le invio i miei più cordiali saluti.
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Farina per madre
Buona sera dottoressa,
Vorrei domandarle quale farina ci permette di avere una pasta madre diciamo "migliore" per esempio segale piuttosto che grano tenero o grano duro, La ringrazio anticipatamente.
Buongiorno a lei. Non c'è una farina in assoluto migliore di un'altra ma una, magari un pochino più consigliata, nel caso si voglia creare da zero una pasta acida naturale o madre. In linea di massima si consiglia la farina di segale integrale o la farina di frumento integrale in quanto ottimo terreno colturale per la crescita degli LAB etero fermentanti, poiché le parti cruscali contengono pentosi, ossia zuccheri con struttura chimica differente dal glucosio (esoso) , fruttosio, saccarosio, malto triosi ecc., che rappresentano un substrato ideale per metabolismi specifici soprattutto del S. sanfranciscensis . Una volta avviata la coltura, raggiunta la stabilità e la forza necessaria può rinfrescare la madre con la farina che desidera; può continuare con la farina di segale, quella integrale oppure con una farina di frumento a suo piacere. Una cosa è certa; per il mantenimento microbico della coltura NON è assolutamente necessaria una farina di W elevata, ma basta una semplice 150<W<180, perché il microbiota ha comunque tutte le sostanze nutritive di cui ha bisogno. Tenga presente poi che a "stabilità" raggiunta, quello che fa la differenza, sono i sinergismi metabolici tra i LAB e lieviti in grado di creare un ecosistema biologico non in competizione nutrizionale. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e restando a disposizione, le auguro una serena giornata.
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Pasta madre appena creata
Buonasera dottoressa Lauri, volevo porle alcune domande sulla pasta madre che ho appena creato.
Partito da segale integrale senza alcuno starter, idratazione 100%.
Dopo circa 5/6 giorni ho cambiato farina gradualmente ( circa 3 giorni ) passando a grano tenero 0 Manitoba e idratazione 46%
Sono ormai a 30 giorni dalla creazione e ravviso due problemi: difficilmente arrivo a triplicare il volume iniziale, massimo arrivo a 1,5 il volume iniziale ( 200 ml / 500 ml finale )
Per arrivare a 1,5 il volume iniziale inserisco 1% di fruttosio su farina di rinfresco.
Non lo faccio sistematicamente ma circa ogni 3/4 giorni.
Altra cosa molto strana è che il lievito non perde volume, non collassa nemmeno dopo 24 ore.
Sembra quasi che la maglia glutinica riesca a trattenere i pochi gas che crea il lievito.
Dimenticavo: gestione libera in vaso.
Sto procedendo con uno o due rinfreschi a 27 gradi e uno di mantenimento a circa 18 gradi per 16/18 ore.
Il rapporto di rinfresco è sempre 1:1:0,46
Ho provato a fare anche 1/2 cicli di rinfresco a 1:0,8,0,46 ma non ho visto miglioramento.
Sembra che i lieviti dormano....
Mi scuso per la lunghezza.
Distinti saluti
Buongiorno a lei, mi scusi ma dalla descrizione, a mio modesto parere, sembra che il suo lievito sia molto debole con pH >5,5 con scarsa attività dei lieviti più che dei LAB. Posso intuire che il pH sia alto dal comportamento della struttura e dal mancato collasso! Più allunga i rapporti, più le fa il bagnetto più si indebolisce non solo ma non dovrebbe neanche operare troppi rinfreschi ravvicinati. Personalmente opererei 1:1:0.44 con 1,0% di saccarosio (non fruttosio!) sull’acqua aggiunta. Quando scioglie la madre in acqua a 28°C proceda con un’agitazione abbondante con la frusta per incorporare più aria possibile. Fatto questo, tolga la frusta e metta il gancio e proceda aggiungendo la farina e lo tenga molto compatto. Lo stenda con la sfogliatrice o con il mattarello e proceda con la gestione “legata” non “libera”. Lo conservi a 28 - 30°C per due/tre ore o per lo meno fino a quando le corde non iniziano a tirare bene. A questo punto lo metta a 16/18°C per 24 ore. Il giorno dopo proceda allo stesso modo senza modificare nulla e sempre legato. Il terzo giorno cioè al terzo rinfresco tolga il saccarosio. Non allunghi i rapporti e non cambi la modalità “legata” fino a quando la struttura interna non risulta spugnosa con abbondanti piccoli alveoli ed alcuni di dimensione leggermente superiore e percepisce una nota lattico/acetica. Solo a questo punto può passare nella modalità “libera” con conservazione a +4°C dopo comunque sempre 1,2 ore a 28°C. Con rapporto 1:1:0.45 non deve fare più di 1 rinfresco di mantenimento al giorno o ogni due giorni al massimo. Nella speranza di esserla stata di aiuto e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
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Consigli per impasto diretto di pizza
Buongiorno faccio l'impasto con una farina W 240/260 e p/l 0.5/0.6, faccio un'ora di autolisi per poi chiudere l'impasto al 70% di acqua,2.5% sale,2% olio evo, 0.2% lievito fresco/ kg di farina. Chiudo a circa 22° e metto subito a puntare in cella a 4°. Dopo 20 ore staglio e lascio lievitare a t.a. 20° utilizzo dopo 2/3 ore. L'impasto mi piace come esce, l'unico problema è che tende ad essere parecchio nervoso . Cos'altro posso fare per aiutare l'estensibilità e renderlo meno nervoso?
Buongiorno a lei, mi scusi ma personalmente ritengo che una farina con 240<W<260 e 0.40<P/L<0.60 NON richieda assolutamente un'autolisi (soprattutto poi di 1 ora!) ne tanto meno possa generare un impasto nervoso e/o sia squilibrata a tal punto da optare per tale metodica ! Se l'impasto risulta "nervoso", le motivazioni vanno ricercate in errori di lavorazione e non assolutamente nelle proprietà reologiche della farina, che tra l'altro risulta perfettamente equilibrata. Un impasto diretto con 2,5% di sale e soprattutto con 0,2% di lievito fresco (troppo bassa la percentuale!) ha bisogno di tempi più lunghi di riposo in massa circa 2 ore a t.a (indicativamente a 20°C) prima dello stoccaggio a 4°C. Successivamente, dopo lo staglio e l'avvolgitura, la lievitazione a t.a. deve essere minimo 4 ore perché ha impallinato troppo tardi, impartendo forza e non permettendo al panetto di perderla. In conclusione; toglierei assolutamente l'autolisi, aumenterei di qualche punto la percentuale di acqua da aggiungere, 0,3 - 0,4 % di lievito fresco, prolungherei i tempi di prima puntata e farei lo staglio prima di mettere in cella a +4°C e non dopo. (facendo lo staglio dopo, deve portare a 4/5 ore la fermentazione!). Nella speranza di esserle stata di aiuto e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una serena giornata.
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Caramellizzazione troppo rapida con aggiunta di amido pregelatinizzato
Buongiorno Dottoressa volevo chiederle se è normale che inserendo una piccola percentuale di frumento pregelatinizzato in un impasto per pizza classica si abbia a parità di temperatura una caramellizzazione più veloce?
Buongiorno a lei. Certamente, perché la tecnica da lei descritta permette ai granuli di amido interi di assorbire acqua raggiunta la temperatura di transizione vetrosa conosciuta anche come temperatura di gelificazione. I granuli di amido in quello stato sono quindi attaccabili dalle amilasi e quindi liberano zuccheri in grado di interagire sia con il processo di caramellizzazione sia con le reazioni di Maillard in cottura. Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio.
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Panettone. Dopo la cottura.
Buongiorno dottoressa Lauri. Rinnovo i complimenti e la mia gratitudine per il servizio offerto su questa pagina e la sua grande utilità. Grazie!
Potrebbe gentilmente aiutarmi a capire il fenomeno del distacco del panettone, dopo la cottura, dal pirottino e, man mano che si raffredda capovolto, un effettivo raggrinzimento della cupola. E' da considerarsi un difetto o è questione di qualità generale della madre? Grazie!
Buongiorno a lei e grazie per il complimenti che estendo a tutta la redazione. SI, In effetti è un difetto e tendenzialmente è dovuto o a un eccesso di "forza", o a poco/scarso miele, tuorli, grassi, a troppa acqua o a uno squilibrio eccessivo verso l'acido lattico della madre. Mi scusi ma per email, senza visionare, la ricetta o vedere la madre è un pochino difficoltoso essere più precisa. Spero comunque di esserle stata di aiuto e non esiti a contattarmi nuovamente per qualsiasi altro quesito o problematica. Ringraziandola per la fiducia, le invio i miei più cordiali saluti.
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Primo impasto panettone troppo veloce
Buongiorno Simona, quest'anno ad inizio produzione panettone rinscontro un problema per me un pò inconsueto. Primo impasto che corre tanto, triplica in 10 ore. Poi comunque riesco a fare il secondo, anche senza problemi, la lievitazione in pirottino è nei tempi ideali.Quello che penso è che il lievito nel riposo e nei rinfreschi sembra ben equilibrato, magari ha un profumo più deciso del solito. E' gestito libero in mastella, riposa con 1:2 di farina a 17-18° e lavora in cella a 30° circa con due rinfreschi, 1:1,5 (o anche più farina) e 1:1,3. Di sicuro il secondo impasto matura non ha acidità all'assaggio, come odore è abbastanza incisivo, non note alcoliche, ha sicuramente un pò più di tenacità, una maglia non particolarmente estensibile. Secondo me il lievito è forte con una eccesso modesto di acidità acetica, non ho avuto benifici da bagnetto e più farina ai rinfreschi, non saprei se intervenire con modifiche sull'idratazione o sulle temperature. Comincio a pensare che se il mio lievito è forte ma non è acido, dargli più farina sembra che poi lo sovralimento e non abbassa la sua attività fermentativa. Se mettessi per il momento sale nel primo impasto quanto e come dovrei calcolarlo? Grazie mille in anticipo
Buongiorno a lei, mi scusi ma triplicare in 10 ore è nella normalità più assoluta. Personalmente ritengo che se aggiungesse sale nel primo impasto farebbe solo danni. Leggendo la sua email non mi sono chiari due parametri: la W della farina e il rapporto dell'acqua. Per aumentare l'acidità acetica (questo è il problema secondo me!) nella madre dovrebbe gestire per tre o quattro giorni la madre libera in mastello coperto con 1:1:0.50 a +4°C, con 5,0/10,0 g di fruttosio. Faccia un rinfresco 1:1.0.5 non tutti i giorni ma a giorni alternati mantenendola, dopo una prima fase di un ora a 28 - 30°C , sempre a +4°C. I rinfreschi prima dell'utilizzo (2 o 3 che siano) li faccia sempre con questi rapporti 1:1:0.44 e operi un taglio a croce per vedere l'apertura delle orecchie. Deve percepire note dolci/acide con leggero alcool che comunque deve essere presente come percezione finale. Nella speranza di esserle stata di auto e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online, le invio i miei più cordiali saluti.
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Semilavorati ed madre
Sta arrivando il periodo dei panettoni e i rappresentanti iniziano a spingere i loro prodotti semilavorati per la produzione di lievitati con lievito madre (non solo panettoni). Senza fare nomi di prodotti specifici, ultimamente va di moda l'etichetta pulita, quindi niente E472 o additivi vari, a cui la gente inizia ad essere sensibile (sempre più clienti leggono le etichette per fortuna). Quello che mi chiedo io è come può una madre di tipo 3 dare al prodotto le caratteristiche di conservabilità di una madre solida fresca? visto anche che la lievitazione parte grazie al lievito di birra aggiunto. La mia preoccupazione è che sfruttando qualche cavillo si riesca a ripulire un'etichetta che pulita non è e di conseguenza giocare scorrettamente contro chi per 365 giorni l'anno gestisce una madre con tutto quello che ne consegue. Grazie
Buongiorno a lei. Il suo quesito ha toccato un argomento estremamente interessante e di attualità e le rispondo con franchezza. Non può un prodotto con madre di tipo 3 dare gli stessi risultati di una madre di Tipo 1 rinforzata con i rinfreschi (due o tre che siano) prima del primo impasto. Non c'è nè storia nè corsa, come si dice. Per quanto riguarda il label clean aprirei una grande parentesi. E' vero che l'aggiunta di enzimi (xilanasi, glucanasi, tranglutamminasi, ecc.), che tecnologicamente parlando vanno a sostituire i famosi E, permette di avere l'etichetta pulita e di non dichiararli, ma è anche vero che gli enzimi sono proteine e quindi a lungo andare "allergeni". Sono tutte molecole approvate dall'EFSA, la quale generalmente conclude i suoi report con la frase “Il gruppo di esperti scientifici ha ritenuto che, nelle condizioni d'uso previste, il rischio di sensibilizzazione allergica e reazioni in seguito all'esposizione alimentare a questo enzima alimentare non può essere escluso, ma la probabilità che tali reazioni si verifichino è considerata bassa.” Come può notare si parla di esposizione alimentare, ma non si cita l'esposizione professionale di contatto con i quintali di farina e tutte le problematiche legate a dermatiti, asma bronchiale ecc. (malattie professionali) di cui c'è bibliografia specifica. La linea è molto molto sottile già ora, quando qualche azienda non dichiara nè l'additivazione di glutine nè l'E300 - obbligo per legge -. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online, le auguro una buona giornata.
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Temperatura fredda e impasti deboli
Salve, vedo dalle sue risposte che indica spess l'acqua fredda a 4 C come causa della debolezza degli impasti (in fase appena successiva all'impasto) D'altra parte ho sempre trovato un po' ovunque consigliato di tenersi bassi con la temperatura per poter "inglobare" più acqua (classico consiglio: se non incorda rimetti in frigo e dai di pieghe) Oltretutto quasi tutti i pizzaioli lavorano con acqua a 4C ed eventualmente anche pezzi di ghiaccio in estate. Le andrebbe di spendere due parole in più sull'argomento?
Buongiorno a lei, mi scusi ma occorre fare un piccolo distinguo se Lei si riferisce agli impasti per pane o pizza oppure impasti grassi. "Se non incorda metti in frigorifero e dai pieghe" vale soprattutto per impasti grassi e dolci (panettone, pasta brioche ecc.) e non sempre per la pizza e quasi mai per il pane (presenza di rosso per eccesso di debolezza). Ogni impasto, in base al quantitativo di acqua aggiunta, ha un suo optimum di temperatura a fine impastamento che va dai 23°C (impasti asciutti) ai 27°C (impasti molli) e che tiene conto di molti fattori tra i quali la temperatura ambiente, della farina e del riscaldamento meccanico e appunto dell'acqua. Purtroppo è abbastanza comune vedere usare il ghiaccio per abbassare la temperatura della massa, ma in realtà è una tecnica non proprio corretta in quanto può creare gradienti di temperatura nella massa oltre a rompere qualche parte meccanica dell'impastatrice soprattutto se a bracci tuffanti. Ci sono altri modi per abbassare la temperatura della massa: refrigerare l'acqua fino al limite del cambiamento di stato, condizionare la farina e lavorare in prima velocità (quando è possibile e quando l'idratazione della massa lo permette!). Lo stesso impasto con la stessa percentuale di ingredienti e di acqua ma realizzato prima con acqua fredda e poi calda ha un comportamento differente in base a: assorbimento della stessa, appretto, reologia e sviluppo. La temperatura influisce in primis sulla solubilità delle gliadine e quindi indirettamente sulla struttura glutinica (acqua fredda maggior solubilità, acqua più calda minor solubilità e quindi maggior aggregazione e assorbimento di acqua da parte del network) in secundis sulla solubilità gassosa, sull'attività metabolica, enzimatica, pH, PI delle proteine ecc. Se un impasto, con un quantitativo di acqua maggiore del 60%, nasce troppo freddo e debole (lucidità superficiale) non sempre è possibile recuperare la forza con le pieghe; inizialmente sembra possibile ma poi nel giro di pochi minuti perde la forza impartita con la manualità richiedendo continue pieghe a intervalli regolari. La "debolezza" della massa, alle volte, è utile proprio perché migliora la lavorabilità (sempre se parliamo di impasto per pizza in teglia o pala) e da stendere, ma questo è un altro discorso. Spero di essere stata chiara e di aver dissipato i suoi dubbi. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una serena giornata.
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Biga: gestione frigo
Gentilissima dott.ssa Lauri, vorrei chiederLe un chiarimento in merito ad un consiglio che Lei ha fornito ad un altro lettore.
Molti panificatori casalinghi non possiedono un fermabiga e quindi d'estate ricorrono al frigorifero. In un suo consiglio (https://www.quotidiemagazine.it/sos/biga-a-4-gradi) suggerisce di fare un passaggio in frigorifero (es 10 ore a 4 gradi) e un successivo periodo a TA (es 8 ore a 26 gradi) La domanda è: è da preferire prima il frigo e poi la TA oppure l'ordine potrebbe essere invertito? E' possibile avere una spiegazione? La ringrazio in anticipo. Cordiali saluti
Buongiorno a lei, stiamo parlando di bighe cioè di impasti non completati a livello di struttura, ma comunque formati quel tanto che basta per innescare tutte le reazioni chimiche fisiche (abbassamento pH, solubilità proteica, azione enzimatica ecc.) di cui gode un impasto completato. Nello stoccaggio della biga si tratta di stabilire a quale dare maggior importanza. Mi spiego meglio: a +4°C ho un rallentamento dell'attività metabolica ed enzimatica sia dei lieviti inoculati sia della microflora endogena sia degli enzimi naturali presente nella farina (quindi indirettamente un rallentamento della diminuzione dei valori di pH con tutti i fattori correlati all'attività delle albumine, proteinasi/peptidasi endogene ecc.) inoltre ho una maggior solubilità dei gas (O2, CO2 ecc.) e delle gliadine (solubilità in acqua o in acqua/etanolo) che si ripercuotono sulla struttura glutinica e sulla "tenuta" . Operare prima il passaggio a +4°C e poi a +18°C (non consiglio assolutamente i 26°C a meno che sia una t.a. incontrollabile), dal mio personalissimo punto di vista, porta ad un maggior controllo sia microbiologico (metabolico ed enzimatico) sia chimico fisico nonostante si diminuiscano sia la solubilità proteica sia gassosa rispetto al contrario. E' chiaro che il tempo in cui permane a +4°C è in funzione della successiva temperatura di stoccaggio. Aggiunga poi il fatto che lavorare con una biga "fredda" apporta immediata "debolezza" alla massa successiva soprattutto se la ricetta prevede un utilizzo 100% (caso degli impasti molli). Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una serena giornata.
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Starter del 2%
Dott.ssa Lauri buonpomeriggio..
Sul libro "I segreti di un arte" pag 84 se non erro ,lei fa riferimento al 2% di lievito di birra nel rinfresco del poolish rapporto 1:2 . Nel mio caso mi trovo con farina di rinfresco di cerca 1.300kg qui di il 2 % sarebbero 26 grammi (non sembrano troppi ).Prodotto pizza in teglia Un poolish gestito un t uscita a 23 gradi e 18 gradi per 18 ore con lo 0,1 % di lievito di birra. Grazie mille
Buongiorno a lei, nel testo "I segreti di un'arte" si fa espressamente riferimento alla tecniche di lavoro usate in panificazione (pane) e non pizza. Se per il pane con la metodica poolish si lavora con il 2% di lievito di birra fresco nel rinfresco sulla farina aggiunta, oltre ai dovuti riposi ecc., per ottenere una particolare alveolatura e friabilità di crosta, la stessa metodica non è da adottare nel caso debba realizzare una pizza in teglia oppure pala (mi sembra di comprendere che questo sia il suo caso) con riposo (maturazione) in massa o in staglio in frigorifero per 12 - 24 - 48 ore. Nel caso debba lavorare questa tipologia di prodotto può evitare l'aggiunta di lievito di birra o al massimo lavorare con lo 0,1% sempre sulla farina di rinfresco. Mi scusi ma non riesco a comprendere la sua ultima domanda. Cosa vuole sapere? Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio. Buona giornata
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Brioche e cornetto
Buongiorno Simona, mi piacerebbe avere qualche dettaglio sulla differenza che sussiste tra l'impasto croissant e quello per il cornetto all'italiana (che rispetto al croissant francese si dovrebbe distinguere per la presenza di uova e per un minor contenuto, in percentuale, di burro).
Le differenze sono solo a livello di metodica di lavorazione e lievitazione oppure vi sono differenze sostanziali anche nel bilanciamento degli ingredienti ? Un sincero ringraziamento e un caro saluto.
Buongiorno a lei, Sì ci sono delle differenze tra il cornetto all'italiana e il croissant francese; differenze che riguardano sia l'ingredientistica, sia la metodica delle pieghe sia le dimensioni dei pezzi. Non sono regole tabulate fisse ma linee di principio generale. Prima di tutto il croissant francese è molto più friabile, ricco di burro, può essere un' ottima base per un accompagnamento dolce e/o salato, non contiene uova, lo zucchero è presente in quantità inferiore rispetto al cornetto, non contiene, in linea di massima, aromi, presenta un' alveolatura più ampia perché, si opta per una laminazione e pieghe 1 a 3 e 1 a 4 (generalmente!) contro le 3 a 3 del cornetto. Il peso del singolo pezzo è simile mediamente 70 - 80,0 g cosi come lo spessore della pasta 3,5 - 4,0 mm, ma il cornetto ha una base leggermente più lunga. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una serena giornata.
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pH delle farine di grano tenero
Buongiorno dottoressa!
In bibliografia trovo poche fonti riguardo la titolazione del pH delle farine di grano tenero, ovvero il range in cui queste ricadano. Lei puoi darmi informazioni in merito?? E consigliarmi alcune fonti?
Rinnovando la mia stima Le porgo cordiali saluti!
Buongiorno a lei mediamente il pH delle farine è 5,8<pH<6.2 in condizioni ottimali di lavorazione. Potrebbe consultare questo "Quadermi di chimica degli alimenti". Nella speranza di esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti
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Germe di grano
Buongiorno dottoressa. Cosa si intende per germe di grano “vivo”. Nel caso della pizza lei qual germe consiglia da usare: germe tostato o senza tostare, è perchè. Grazie mille in avanti.
Buongiorno a lei, per "germe vivo" si intende il germe estratto dalla cariosside cosi com'è con tutti i suoi complessi enzimatici (lipasi, lipossigenasi ecc.) comprese le lectine. Quello tostato invece è il germe che mediante il processo della tostatura ha subito l'inattivazione di tutti i complessi enzimatici presenti. Attenzione che da Reg Ue 2158/17 occorre che "Gli OSA si accertano che i fornitori degli ingredienti sottoposti a trattamento termico che presentano un potenziale di formazione di acrilammide effettuino una valutazione dei rischi relativa all'acrilammide e attuino le opportune misure di attenuazione." Personalmente non uso nè l'uno nè l'altro perchè le dosi di utilizzo sono cosi basse che a mio parere non apporta nulla anzi se vivo apporta lectine di cui non è facile la disattivazione durante il processo di panificabilità. Nella speranza di esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti
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Temperatura ed estensibilità
Buongiorno Dottoressa, avrei un paio di curiosità da chiederle, per quale motivo se impastiamo con acqua fredda si dice che l'impasto è più estensibile? (ammesso che sia così, perché forse il freddo compensa in rigidità) Mentre quando chiudiamo caldo o comunque andiamo su con le temperature in macchina prende più forza? Cosa avviene di fatto? Un ultima cosa, sempre sulle temperature, cosa ci fa preferire e quindi quali caratteristiche otteniamo da una puntata al "caldo" (cella di lievitazione) piuttosto che una puntata a 4/6 gradi? Grazie infinite per il suo tempo, buona giornata!
Buongiorno a lei, mi scusi ma a un quesito molto simile al suo ho già risposto a questo link https://www.quotidiemagazine.it/sos/temperatura-fredda-e-impasti-deboli. Per quanto riguarda invece la sua seconda domanda, le rispondo che la scelta cade soprattutto sulla logistica, organizzazione del lavoro, tempo, tipologia di impasto, quantitativo di massa da gestire, ecc. Opto per uno stoccaggio a 0 +4°C e poi fermentazione a 18 - 20°C quando devo gestire grandi quantità in fermalievitazione cioè in situazioni in cui sarebbe problematica la gestione di tanti prodotti nella stessa unità di tempo. Spero di aver ben compreso il senso del suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
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Biga+poolish
Buonasera professoressa lauri
Secondo lei é utile utilizzare DUE PREIMPASTI BIGA+POOLISH PER UNA PIZZA IN TEGLIA ? SE SI in quale percentuale? E come gestirli ? Entrambi in ta? Avrei pensato biga in ta come da disciplinare giorilli e poolish in tc chiudendolo intorno ai 24 gradi con 1%di lievito. Grazie mille
Buongiorno a lei, biga e poolish sono due tecniche completamente diverse tra di loro e se opta per una lavorazione non deve usare l'altra. La biga va bene per qualsiasi impasto e qualsiasi idratazione (il risultato dipende da quanta ne utilizza nella massa finale), mentre il poolish è consigliato per impasto con un quantitativo di acqua aggiunta oltre il 70%. Non ha senso usarle insieme! La scelta non deve essere in base alla temperatura di gestione ma in base alle sua esperienza personale, abitudine e idratazione totale della massa; come le dicevo, la biga va bene con impasti a qualsiasi idratazione. Diciamo che la preparazione del poolish è un pochino più veloce (min 4 ore max 12 - 16 ore) rispetto alla biga (min 6 - 9 ore max 72 ore), ma trae in inganno cosi come la biga. La percentuale di lievito fresco aggiunto nel poolish è funzione del tempo di maturazione/stoccaggio, a parità di temperatura standard di 18°C,(nella biga è fisso al 1%); se alza la temperatura oltre i 18°C, il poolish matura prima del previsto, mentre se lo conserva a +4°C aumenta decisamente il tempo della maturazione a parità di quantità di lievito fresco usato. In ogni caso non c'è alcun disciplinare universalmente riconosciuto e/o standardizzato per le bighe, perchè la gestione dipende da innumerevoli fattori e ognuno opera secondo le proprie conoscenze, condizioni operative, farina e abitudini. Mi scusi ma l'1% di lievito di birra fresco nell'impasto finale è eccessivo per entrambe le lavorazioni; sta facendo pizza, non pane! Al massimo, nel rinfresco finale, deve lavorare con 0,1% di lievito fresco sulla farina aggiunta, riposo in massa, stoccaggio a +4°C per minimo 24 ore e fermentazione finale 2/3 ore in base al valore della temperatura ambiente. Mi scusi ma non riesco ad aiutarla maggiormente perchè non sono io l'autore di quello che ha letto e non so assolutamente cosa ci sia scritto; le consiglio di rivolgersi all'autore per ogni dubbio o perplessità su quella gestione. Spero comunque di essere stata in grado di dissipare il suo dubbio e resto a sua disposizione. Ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una serena giornata.
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Poolish i segreti di un arte
Dott.ssa lauri ..ho appena acquistato il vostro libro i segreti di un arte ,lei a pagina 84 spiega il poolish leggermente diverso dagli altri libri é cioè .. Di utilizzare farina al doppio di quella utilizzata per il poolish ,più il 2% sulla sola farina aggiunta ..Togliamoci i dubbi a livello numerico Impasto amatoriale 1000 di farina 800 di acqua 25 dl olio, 25 di sale. Per il poolish avremo 330 di farina forte 330 di acqua Lievito 0,33 %? Possibile
Al rinfresco avremo 666 di farina al doppio 333 di poolish. Il 2 % di lievito lo calcolo su 666 ? Quindi 13 grammi ?
Buongiorno a lei, certamente è possibile se opera con un poolish lasciato maturare tra le 12 - 16 ore a t.a. e quindi fatto con lo 0,1% di lievito. Può fare un poolish più corto e quindi aumentare la % di lievito fresco. Chiaramente non siamo farmacisti o chimici analitici e la seconda/terza cifra dopo la virgola solo una bilancia analitica la può leggere. Questa è la problematica che si presenta soprattutto su piccole dosi (1000 g di farina) per cui per risolvere il problema può operare o con un poolish più corto, per esempio di 8 ore, o approssimare per eccesso al grammo. L'errore di approssimazione per eccesso più essere controllato con la gestione della temperatura dell'acqua, dell'ambiente, dell'impasto e con i tempi di riposo. Chiaramente più i numeri sono piccoli più l'errore assoluto di calcolo sarà maggiore. Se pensa alle stesse percentuali (sempre se si opti per un poolish cosi lungo!) calcolate invece su 10 Kg di farina si troverà a fare sempre lo stesso calcolo; non saranno 0,33 g ma 3,3 g che saranno approssimati a 3,5 g, mentre 13 g diventeranno 130,0 g facilmente pesabili. Non si preoccupi di pesare qualche 0,1 g in più di lievito o di acqua perchè l'errore sarà facilmente corretto dal diverso assorbimento di acqua da parte delle farine o facendo variare di poco le condizioni operative. Non è pressapochismo ma una modalità operativa corretta che si adotta quando i numeri sono cosi piccoli. Spero di esserle stata di aiuto e nel ringraziarla per aver usufruito del nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
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