Hai un problema tecnico di produzione nel settore dell'arte bianca (pane, pizza, grandi lievitati, prodotti da forno in generale)? Il tuo prodotto ha un difetto? Hai bisogno di consigli? Esponi il tuo problema e Simona Lauri ti risponderà nel più breve tempo possibile.
Gli enzimi si dichiarano in etichetta?
Buongiorno Dottoressa, nella realizzazione dei nostri pani utilizziamo dei coadiuvanti che contengono enzimi. In etichetta è corretto omettere la presenza degli enzimi come ingrediente visto che la farina li contiene naturalmente e dopo la cottura si "disattivano"? Grazie mille
Buongiorno a Lei, nel momento in cui utilizza un coadiuvante/semilavorato tra gli ingredienti dei suoi prodotti è OBBLIGATO a dichiararlo in etichetta in virtù del Reg Ue 1169/11. Se opera una aggiunta volontaria di un enzima, indipendentemente dalla quantità, lo deve dichiarare in etichetta in quanto è considerato un ingrediente, come esplicitamente riportato nel art2.2 f Reg Ue 1169/11 "... «ingrediente»: qualunque sostanza o prodotto, compresi gli aromi, gli additivi e gli enzimi alimentari, e qualunque costituente di un ingrediente composto utilizzato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se sotto forma modificata...". Se opera una aggiunta volontaria è perchè ha la volontà/necessità che tali enzimi svolgano una funzione tecnologica specifica (in caso contrario non si giustificherebbe la sua decisione di aggiungerli), pertanto anche se "già contenuti in uno o più ingredienti di tale alimento" (art 18, paragrafo 1, lettere a) e b) Reg (CE) n. 1333/2008 l'aggiunta va dichiarata secondo art. 20 comma b,,i Reg Ue 1169/11. Indipendentemente dal quadro normativo di riferimento è un dovere morale, etico e di trasparenza aziendale, informare il consumatore/operatore del settore della presenza di tali molecole, in quanto potenziali allergeni. Sul fatto che si disattivino durante la cottura non mi trova d'accordo, perché dipende dal tipo di enzima utilizzato, dato che molti di essi presentano una temperatura di denaturazione proteica oltre i 90 - 95°C restando attivi a cuore nel prodotto post cottura. Pertanto possono sviluppare, in chi manipola gli sfarinati e consuma tali prodotti un'importante sensibilizzazione come asma bronchiale, dermatite da contatto, dermatite atopica, crisi allergica respiratoria se inalati, ingeriti, per contatto ecc. come da casi riportati in bibliografia specifica internazionale. Molti pareri EFSA in proposito cosi concludono: “Il gruppo di esperti scientifici ha ritenuto che, nelle condizioni d'uso previste, il rischio di sensibilizzazione allergica e reazioni in seguito all'esposizione alimentare a questo enzima alimentare non può essere escluso, ma la probabilità che tali reazioni si verifichino è considerata bassa.” Il rischio resta bassa se il contatto/ consumo resta saltuario e basso, ma se costante e giornaliero il rischio si eleva. Nella speranza di essere stata di auto e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una buona giornata.
Vedi la risposta
Modifica temperatura prefermento
Salve,
Produco pizza al padellino, idro 70-75%.
Uso prefermenti (30% su totale) idratati tra 45 e 50%, mi domandavo se utilizzando meno acqua (42%), aumentando la temperatura uscita (25) e alzando il lievito (1 -1,1 invece di0,8) andrei a ottenere un preimpasto che dia maggiore "struttura". (10 ore a 16-18 °c)
Il ragionamento riprende l'idea di chiudere impasti duri a 22-23 ma quelli molli a 26-27 per dare maggiore struttura, non so quanto questo sia trasferibile ai prefermenti.
Grazie
Buongiorno a Lei mi scusi ma cosa sono i "prefermenti"? Il termine è di pura invenzione social e dalla sua email non riesco assolutamente a capire a cosa Lei si riferisca. Cortesemente potrebbe essere più chiaro e specificare meglio? Ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una buona giornata.
Vedi la risposta
Biga gestita a freddo per pane
Salve dottoressa uso una biga gestita in cella a 4 gradi con una maturazione di 24 ore complessive 4 ore a t. A circa ( 21/22 gradi) e 20 ore in cella a fine maturazione al tatto e di aspetto sembra buono solo che ha un tono acido molto accentuato preciso è stato fatto con una farina 0 400 w 50% idratazione 1% lievito sa darmi qualche consiglio, la ringrazio in anticipo, cordiali saluti
Buongiorno a lei. Mi scusi se mi permetto ma a mio modesto parare, la sua impostazione di produzione della biga è da modificare in toto, soprattutto per un processo standard di stoccaggio di 24 ore, per diversi motivi:
1. Il freddo va prima del caldo. I 4°C vanno prima dei 16 - 18°C o della temperatura del locale.
2. Assolutamente non è necessaria una farina 400W ma è ottimale una 300 - 310W per 24 ore.
3. La quantità di acqua non deve superare i 44 - 45% sulla farina utilizzata.
4. Utilizzi la formula: 55 - temperatura farina - temperatura del locale (16°C - 18°C o quello che ha) per trovare la temperatura dell'acqua da utilizzare. Utilizzi all'occorrenza acqua refrigerata a +4°C.
5. Impasti per pochi minuti e solo fino a quando la farina è stata assorbita nella massa. La struttura deve essere a blocchi ma non farinosa.
6. Utilizzi sempre lievito fresco.
Dalla sua email intuisco che la sua biga potrebbe essere acida ma assolutamente non è matura. In gergo tecnico si dice "è marcita piuttosto che maturata" e i motivi purtroppo possono essere vari e purtroppo la descrizione riportata nella sua email, non mi aiuta. (troppo freddo, troppo poco impastata, acqua troppo fredda, ecc.). Le consiglio pertanto di operare le modifiche che le ho riportato, assicurandosi di impastare in prima velocità meglio ancora con la "retromarcia" fino alla formazione di una struttura a blocchi compatti grossolani. La copra non con un cellophane a contatto ma con un telo di cotone e poi cellophane sopra il mastello. Il contenitore deve essere, come dimensioni, tre volte la massa che introduce, ma non eccessivamente largo perché deve esercitare una sorta di "contenimento strutturale". Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio e sperando di esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Idratazione Pasta Madre liquida
Salve Dott.ssa, innanzitutto la ringrazio per il prezioso lavoro di divulgazione che sta facendo per tutti noi addetti ai lavori. In una pasta madre liquida (idratazione 100%) cosa cambio se vario l'idratazione dal 100% al 80% per quanto riguarda lievito e batteri. Grazie mille
Buongiorno a Lei. Grazie per i complimenti, per essere un nostro assiduo lettore e seguire questa rubrica. Personalmente ritengo che passando da 100% a 80% non ci siano sostanziali differenze (varia poco o nulla!) a livello di microflora soprattutto se fatta saltuariamente. Invece, a livello di struttura, può incordare di più e dare più forza alla massa finale a parità di quantità aggiunta rispetto alla madre 100%. E' una tecnica che si adotta quando si desidera usare una madre liquida per i lievitati e si ha la necessità di incordarla maggiormente per dare più forza alla pasta acida naturale. Ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio e sperando di aver risposto esaurientemente al suo quesito, le auguro una serena giornata.
Vedi la risposta
Sponge
Buongiorno cosa s'intende per "prefermento sponge,? Grazie per la gentile risposta e per il servizio offerto gratuitamente
Buongiorno a Lei, mi scusi ma la parola "prefermento" tanto usata, abusata, condivisa e ripetuta sui social non è corretta da un punto di vista microbiologico poiché, nel momento in cui si utilizza il lievito fresco (fermento) S. cerevisiae, la massa stessa diventa un fermento non un pre-fermento ma proprio un fermento a tutti gli effetti. Fatta questa doverosa precisazione tecnica rispondo immediatamente al suo quesito. Sponge o spugna non è nient'altro che una massa che, possiede una % di acqua aggiunta (calcolata sulla farina) compresa tra la biga (44%) e il poolish (100%). Non c'è una definizione e/o un metodo standardizzato di lavoro, ma ogni operatore utilizza la percentuale di acqua che ritiene più opportuna (mediamente circa 65/70% sulla farina) e circa 1% di lievito fresco. Diciamo che è una sorta di poolish ma a differenza di quest'ultimo e a parità di percentuale di lievito fresco utilizzato, ha bisogno di un tempo un pochino più lungo di maturazione. Mi spiego meglio; un poolish realizzato con 1% di lievito, matura mediamente a 18 - 20°C in 4 ore, lo sponge in 5/6 ore alla stessa temperatura. Diciamo che quando non è biga o poolish è ... SPONGE. Ogni operatore agisce a suo piacere (come % di acqua!), come vuole e poi chiama la massa SPONGE! Nella speranza di esserle stata di aiuto ma soprattutto di aver risposto esaurientemente al suo quesito, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Rapporto Inoculo/Farina
Salve Dott.ssa Lauri, vorrei gentilmente chiederle un chiarimento in merito al rapporto inoculo/farina nella fase di rinfresco della madre. Cioè realmente cosa cambia nella pasta madre se effettuo un rinfresco 1:1 oppure 1:2 o 1:4? Grazie per la sua gentile diponibilità e per il servizio offerto.
Buongiorno a Lei, allungare i rapporti cioè aumentare il quantitativo di farina sul peso della madre quindi 1:2 ( peso madre: peso farina - in questo caso il doppio) oppure 1:3 (madre con tre volte il peso della farina) vuol dire "indebolire" la madre per correggere o difetti di eccessiva acidità oppure per allungare il tempo del rinfresco . Mi spiego meglio, una madre con rapporto 1:1 richiede un rinfresco, in linea di massima, giornaliero; se allungo il rapporto e metto più farina posso fare rinfreschi a giorni alterni. Se allungo il rapporto devo prestare, però, attenzione anche alla temperatura di conservazione perchè si potrebbe rischiare un eccesso di debolezza se conservato sempre a temperature prossime a 0°C. Il caso contrario è invece quello relativo alla diminuzione dei rapporti 1:0,5 vuol dire che il peso della farina è la metà del peso della madre. Si adotta questa tecnica per dare forza alla madre ed operare più rinfreschi. In questo caso si procede anche con la riduzione di un punto in percentuale sulla quantità di acqua aggiunta rispetto allo standard 45%. Questa tecnica qualche professionista artigiano la adotta prima di usare la madre in un grande lievitato operando la conservazione a circa 28 °C. Riassumendo; se voglio dare forza rapporti corti e caldo, se devo correggere e diminuire la forza rapporti lunghi e freddo. Nelle speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Puntata, appretto
Buongiorno Vorrei sapere se è più consigliabile una puntata breve e un appretto lungo o viceversa? Grazie per la risposta e per il servizio gratuito offerto.
Buongiorno a lei, mi scusi ma a cosa si riferisce? Nel suo quesito Lei non specifica nulla per cui è una domanda che, da come è posta; potrebbe restare senza risposta. Ogni prodotto ha una specifica puntata e un appretto; gli impasti molli hanno "puntata" molto più lunghi degli impasti duri o bastardi in cui può essere addirittura assente. Non solo ma dipende anche dal tipo di lavorazione; poolish, biga piuttosto che madre. Cortesemente potrebbe essere più chiaro/a? Grazie per essersi rivolto al nostro servizio. Un saluto cordiale
Vedi la risposta
Madre liquida
Salve Dott.ssa Lauri, in una madre liquida come suggerisce d'intervenire per favorire l'attività dei lieviti rispetto ai LAB? Grazie per la sua disponibilità.
Buongiorno a lei. Mi scusi ma la sua email è un pochino troppo generica e non conosco né il motivo del suo quesito (cosa le ha fatto capire che l'attività dei lieviti è scarsa?) né lo stato della sua madre né il rapporti LAB/lieviti né i suoi rapporti di allungo. Alcuni operatori non rispettano lo standard e modificano i rapporti in base alle esigenze. Mi scuserà quindi se, in assenza di informazioni specifiche, ipotizzo o per lo meno mi baso sui rapporti standard madre : acqua : farina = 1:1:1. mentre non ho specifici riferimenti per il LAB/lieviti della sua madre in quanto, nella gestione liquida, lo standard LAB/lieviti 100:1 può subire delle variazioni anche significative a favore di lieviti. Dovendo restare nel generico le consiglio, durante il rinfresco, di cercare di incorporare più aria possibile. Mi spiego meglio; quando opera il rinfresco si assicuri di sciogliere bene la madre liquida nell'acqua (28°C), di usare le fruste della planetaria (MAI MAI le lame!!!!!) ed aggiungere la farina solo dopo che la massa liquida ha schiumato abbondantemente. Dopo aver aggiunto la farina cerchi di aumentare ancora la velocità e di incorporare ancora aria. Non conservi la madre liquida a +4°C ma dopo 4/5 ore a 28°C operi un altro rinfresco con le stesse modalità (abbondante agitazione!) e poi un altro dopo ancora 4/5 ore sempre conservando a 28°C. Non è necessario l'utilizzo di una farina "forte", ma una semplice farina 180 - 200W perché non sta ragionando sulla struttura glutinica ma sulla modifica della microflora interna che non dipende dalla struttura reologica. Nella speranza di esserle stata di aiuto e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Pane di Segale con licoli di farina 00
Buongiorno dottoressa e grazie in anticipo, per la sua cortese risposta. Per fare un pane di segale con 70% di farina di segale e il restante 30% con farina 00 e usando il mio licoli di farina 00 é meglio rinfrescare il licoli come sempre con farina 00 o in questo caso con farina di segale? lo stesso licoli é meglio poi usarlo al raddoppio come faccio con gli altri pani o aspetto magari 24 ore che collassi prima di usarlo per avere cosí un licoli piú acido. Grazie mille e saluti
Buongiorno a Lei. Personalmente procederei in questo modo; la quantità di madre liquida la dividerei in due parti in modo tale da avere una madre liquida con farina Tipo 00 e una gestita con solo farina di segale. Prima di procedere con la produzione del pane di segale 4/5 giorni prima procederei con il rinfresco della porzione di madre destinata a questo scopo, con solo farina di segale proseguendo nei giorni successivi sempre con solo farina di segale e stoccaggio a 28 - 30°C e non a +4°C. Il motivo di tale scelta consiste nel fatto che a 30 - 35°C vi è una maggior produzione di acido lattico che ha un valore di pKa minore rispetto all'acido acetico per cui risulta un acido più forte e pertanto abbassa più velocemente il pH della madre. Usi la madre liquida al raddoppio come di consueto. La quantità poi di madre con solo farina di segale da usare indicativamente sarà del 40 -45% sulla farina aggiunta e con 0.5% di lievito fresco da aggiungere sempre sulla farina aggiunta. Formato l'impasto lo lasci puntare minimo 24 ore a 18°C prima di procedere con la formatura. Nella speranza di esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti. Sempre a disposizione e buona giornata
Vedi la risposta
Preimpasto autolisi con acqua calda.
Buongiorno dottoressa. Sto provando a fare un preimpasto in totalità facendo una autolisi con acqua calda circa 30-40 gradi e pochissimo lievito 0,1 % . Perché le prime pizze escono bene e poi perdono la forza. Ho visto che Vincenzo Abbate usa quel tipo di fermento. Grazie mille per la risposta.
Buongiorno a lei, Mi scusi ma la tecnica di lavoro non la conosco; non che non conosca la metodica chiamata "autolisi" ma questa specifica gestione personalizzata. Sono mortificata, ma non purtroppo non riesco proprio ad aiutarla. Le consiglio di contattare direttamente il Sign. Abbate per i dettagli tecnici. Un saluto cordiale e sempre a disposizione.
Vedi la risposta
Pizza vetrosa dura
Buon giorno dottoressa. può un glutine lavorato tanto sviluppare un prodotto in cottura duro, vetroso non piacevole da masticare.? Grazie per la sua risposta
Buongiorno a lei, cosa intende per lavorato tanto? Impastato tanto? Se si riferisce all'impastamento più lavora in seconda velocità, più si snerva e va oltre il cosiddetto "tempo di sviluppo". Se invece si riferisce ad altro, in linea di massima è esattamente il contrario; più si lavora, soprattutto sotto cilindro o sfogliatrice, più si snerva. Attenzione però deve passare l'impasto tante volte per minimo 6 - 7 minuti sotto cilindro perchè con solo pochi passaggi acquista molto "nervo" o forza. Se, come mi sembra di capire, si riferisce all'impasto della pizza deve evitare di rigenerare e/o usare farina con W oltre i 350. La vetrosità è però un altro difetto legato soprattutto al "freddo" negativo o prossimo allo 0°C della cella/frigorifero, impasti con una elevata % di acqua aggiunta, senza grassi o zuccheri nella ricettazione. Spero di esserle stata di aiuto e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una buona giornata
Vedi la risposta
Licoli incordato
Buon giorno dottoressa, a volte nel rinnovo e nel utilizzo del mio licoli lo incordo con la foglia della planetaria alla massima velocità quello che noto è che mi sembra più forte e collassa in un tempo maggiore, ora volevo chiederle se ci sono delle " controindicazioni" nel lavorare in questo modo il licoli. Grazie e buon lavoro
Buongiorno a lei. Si certamente, procedendo in quel modo la "rinforza" e la incorda soprattutto se riduce la percentuale di acqua aggiunta dal 100% al 80 - 85%. Quello che ha notato è proprio quello che accade; la madre si rinforza, sposta l'equilibrio verso i lieviti e, a parità di W di farina utilizzata, collassa in un tempo maggiore. No nessuna controindicazione... è più in "forza" e può utilizzare una percentuale minore sul prodotto finito sia perché contiene meno acqua sia per una diversa struttura reologica sia per una microflora leggermente spostata verso un crescita maggiore dei lieviti. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Panini pizza spiattelati
Buon giorno dottoressa. grazie per le risposte alle mille mie domande ,ho fatto caso che mettendo i panini nel frigo dopo lo staglio, si appiattiscono sembrano dei pancakes .potrebbe essere il freddo senza un appretto a temperatura più alta il problema? Grazie. Il sito rinnovato e molto più chiaro e leggibile ,scriverà un alto libro in futuro ? Io sono pronto a comprarlo. Grazie buona giornata.
Buongiorno a lei, rispondo subito all'ultimo quesito... Si non a breve ma penso di scrivere un altro testo. Nel frattempo la ringrazio infinitamente per essere un nostro assiduo lettore e per l'apprezzamento per il nuovo sito. Per quanto riguarda, invece, il quesito sull'impasto le rispondo che... SI, può dipendere dall'assenza della puntata, dal quantitativo di lievito troppo basso, % di acqua, dalla formulazione di lievito usato (fresco, essiccato ecc.) ma soprattutto dalla temperatura magari troppo bassa dell'impasto (non deve inferiore ai 23 - 24°C). Le consiglio di usare lievito fresco e di operare sempre una puntata in massa di due ore a t.a. prima dello staglio e lo stoccaggio in frigorifero se lavora con il diretto. Invece, se lavora con un indiretto con biga e la % di biga usata non supera il 50% sulla farina, faccia una puntata di circa 1 /1,5 ora a t.a. Se lavora con indiretto con biga e staglia e avvolge a mano non ci sono problemi, ma se staglia e avvolge con la macchina i panetti, facendo puntate in massa troppo lunghe, i panetti possono strappare e non avvolgersi. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito, in ogni caso non esiti a contattarmi nuovamente. Grazie per essersi rivolto al nostro servizio. Un saluto cordiale.
Vedi la risposta
Biga lunga: percentuale di utilizzo per pane
Gentilissima dott.ssa Lauri, sono un suo estimatore e la ringrazio per il servizio che offre. Sono un panificatore casalingo e di solito utilizzo la biga classica nel mio pane in percentuale di 2/3 (66%) sul totale della farina (es: 666 gr farina per la biga; 333 gr farina per il rinfresco). Vorrei provare ad usare la c.d. biga lunga (24 h a 4 gradi; 18 h a 18 gradi circa). Posso utilizzare la stessa percentuale della biga classica o è consigliabile un'altra percentuale? Grazie
Buongiorno a Lei, la percentuale di biga usata nell'impasto finale non cambia e non è in funzione del fatto che sia una biga std (18 ore a 18°C) o una biga lunga cioè una biga che ha stoccato per un numero di ore maggiore di 24. Deve solo fare attenzione alla gestione della biga. P.e. se decide di fare un biga di 30/36 ore, subito dopo l'impastamento, deve stoccare a +3/4°C per 6/12 ore e poi successivamente rispettare la canonica temperatura +16°C in estate e +18°C in inverno per le restanti 24°C. Farina 330W è ottimale. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti. Buona giornata
Vedi la risposta
Impasto pizza scarico di zuccheri
Buon giorno dottoressa e grazie per tutte le risposte alle mie mille domande. Avrei un altro quesito se una pizza dopo giorni di stoccaggio a TC in cottura non prende colore, quali zuccheri ha terminato? Gli amidi che gelatinizzano in cottura non dovrebbero portare colore anche loro al prodotto finito. Grazie a lei per la gentilezza e il tempo che dedica a questo servizio gratuito. Buona giornata
Buongiorno a lei mi scusi ma avrei da fare una piccola precisazione al suo quesito. La pizza non termina gli zuccheri ma sarà caso mai l'attività metabolica dei microrganismi presenti a convertire tali zuccheri nei prodotti del metabolismo che nella fattispecie possono essere CO2, etanolo, H2O , acidi, aminoacidi ecc. In linea di massima se non ci sono aggiunte volontarie (malto, saccarosio, fruttosio, lattosio ecc.), gli zuccheri utilizzati nel metabolismo sono quelli che derivano dall'azione enzimatica delle amilasi (alfa e beta), glucoamilasi sui granuli di amido rotti dalla macinazione abbinata all'azione di altri enzimi aggiunti come xilanasi ecc., che svolgono la loro azione sui carboidrati non amidacei oppure le glucossidasi sul glucosio ecc. La gelatinizzazione dei granuli di amido in cottura, (che a sua volta dipende dalla disponibilità dell'acqua, presenza di soluti, origine vegetale dell'amido) non è tale da incrementare la colorazione della crosta in quando avviene a temperature comprese tra 50 - 70°C (in base all'origine vegetale dell'amido), temperature in cui le beta amilasi sono già disattivate quasi al il 90% e le alfa presentano un'attività rallentata. Spero di esserle stata di aiuto e ringraziandoLa per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una buona giornata.
Vedi la risposta
Proteolisi e acidità
Buongiorno dottoressa Lauri. Aumentando il numero di ore di fermentazione di un impasto (pizza) aumenta la sua acidità? Se è così, tale aumento dovrebbe comportare il rafforzamento del glutine e quindi l'impasto dovrebbe essere più tenace. Perchè dopo tante ore di fermentazione invece si ha un impasto molle e molto estensibile, come se avesse perso struttura?Probabilmente non mi è chiaro il concetto. Grazie
Buongiorno a lei, SI, è esattamente così... non tenacità ma perdita di struttura. Proteolisi, peptinolisi ed acidità sono due concetti differenti. La proteolisi/peptinolisi è una azione di denaturazione proteica operata da una serie di enzimi (peptidici, proteolici ecc.,) endogeni della farina (proteolisi primaria) unita all'azione dei microrganismi (proteolisi secondaria). Tali enzimi si attivano quando si abbassa il pH ed agiscono sui legami che tengono uniti gli amminoacidi che formano le catene proteiche dividendole/rompendole in strutture più piccole. Man mano che l'attività enzimatica procede, le proteine si denaturano (rompono) sempre di più, compromettendo la maglia o rete. L'azione sulla reologia della massa è legata quindi a una perdita/diminuzione di alcuni parametri fondamentali come tenacità, forza a favore di una eccessiva debolezza e perdita di "corpo" se l'azione è protratta nel tempo. Con l'aumento delle ore di fermentazione in massa e l'abbassamento del pH non si rafforza il glutine anzi il contrario. La produzione di acidi, di cui la dissociazione in H+ di questi ultimi porta ad un abbassamento dei valori di pH, è una diretta conseguenza di un processo metabolico microbico LAB, lieviti e altri microrganismi che siano (più lieviti che LAB lavorando con il metodo diretto corto, lungo o indiretto con poolish o biga). Procedendo con il riposo, aumenta la produzione di acidi dovuta al metabolismo dei microrganismi presenti nella massa; di tali acidi, alcuni si dissoceranno in funzione della loro pKa e pH del mezzo e contribuiranno sempre di più alla riduzione del pH fino a una certa soglia sotto la quale si attiveranno enzimi specifici che, come le dicevo prima, avvieranno il processo della lisi proteica. Riassumendo; aumentando le ore di fermentazione in massa di un impasto per pizza/pane aumenta l'acidità totale, si riduce il pH, si attivano enzimi proteo e peptinolitici e di conseguenza diminuirà la forza, tenacità, struttura ecc. della massa. Il concetto al quale lei fa riferimento ossia quello di rafforzamento del glutine in funzione dell'acidità, a mio parere è abbastanza impreciso in quanto fa riferimento al solo impiego della madre ed eventualmente al rapporto acido lattico/acido acetico 3:1 e all'azione che tali acidi specifici possono avere sulla struttura. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti
Vedi la risposta
denominazione legale pane
Buongiorno, La ringrazio per la sua gentile risposta. Riprendo lo stesso argomento chiedendo:
Il pane con 2% di olive può essere denominato legalmente "Pane alle olive" senza nessun riferimento allo sfarinato (tipo 0)?
Oppure un pane con 2% di curcuma può essere denominato "Pane alla curcuma" e non Pane tipo 0 con Curcuma?
Nel caso di miscele di sfarinati posso denominare il mio pane con lo sfarinato che secondo me diventa quello caratterizzante? (esempio: farina tipo 0 90%, farina integrale 8%, Segale 2%: Denominazione legale:" Pane alla farina di segale" ?)
In poche parole il commerciale vuole evitare la menzione della farina tipo 0.
La ringrazio
Buongiorno a lei. Se utilizza farina di tipo 0, il commerciale NON PUO' evitare tale menzione in etichetta art17 Legge 580/67. Poi si può modificare la denominazione di vendita in base agli altri ingredienti usati, ma tale menzione è un obbligo nel momento in cui utilizza la farina Tipo 0 "Pane di tipo 0 con olive", Pane di tipo 0 con curcuma, Pane di tipo 0 con farina integrale e segale. Ognuno si pone davanti alla legge come meglio crede e se ne assume la responsabilità. Spero di esserLe stata di aiuto e ringraziandoLa per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una serena giornata.
Vedi la risposta
SOS pane di farina integrale di grano tenero e semola simacinata
Gent.ma Dott.ssa,
Buonasera, dottoressa.
Mi rivolgo a Lei perchè sono molto confusa. Panifico in casa e vorrei migliorare la qualità del mio pane di semola rimacinata e farina integrale di grano tenero. Uso più farina di semola nella ricetta rispetto a quella integrale.
Sarebbe così gentile da spiegarmi come funziona la maturazione dell'impasto in queste due tipologie di farine?
Dal poco che ho compreso leggendo qua e là e guardando diversi video on - line, ho capito che la scomposizione di una farina integrale e di una semola avviene più in fretta rispetto a quella di una normale farina di frumento tipo 0.
Le spiego il mio problema:
Ho provato sia le lievitazioni lunghe che quelle brevi e non riesco a capire perchè l'impasto, dopo la prima lievitazione al raddoppio, si presenta come se fosse "scarico e stanco".
Ho scritto allora ai produttori di tali farine per chiedere la scheda tecnica e le tempistiche di maturazione e lievitazione. Dalle loro risposte si evince che le farine da supermercato che uso sono deboli ( sui 200 W) e reggono lievitazioni brevi a temperatura ambiente, ma di 15 - 20 ore a temperatura controllata.
Recentemente sto provando ad usare 5 grammi di lievito di birra secco per 750 g di mix di queste due farine (idratazione al 65 %) . Effettuo autolisi da mezz'ora, omettendo la crusca della farina per non rovinare la maglia glutinica - impasto a mano. Finisco di impastare ed aggiungo la crusca chiudendo l'impasto a 20 gradi e lo tengo a 20-22 gradi. Lievita in 5 - 6 ore. Poi lo formo e noto già che premendo il dito sulla pagnotta formata rimane il solco e c'è una leggera reazione di spinta.
Lo lascio per altri 15 minuti a temperatura ambiente( alla prova dito il pane non ritorna indietro o vi ritorna in maniera impercettibile), accendo il forno e dopo 20 minuti effettuo il taglio centrale e poi inforno a 250 gradi alla massima temperatura.
Il pane si apre in cottura, rimane un po' pesante, la mollica non si presenta compatta come un pane che ha perso tutta la lievitazione ma si intravedono alveoli molto piccoli.
Quando ho provato a fare lievitazioni lunghe a volte la situazione migliorava. Usavo 0.40 g di lievito di birra secco per 750 grammi di farina e lasciavo l'impasto a lievitare a circa 10 gradi per tutta la notte fino al pomeriggio.
Che cosa potrei fare per migliorare?
Ritornare alle lunghe lievitazioni a temperature basse ( anche lì, però il pane si presenta scarico, spesso e volentieri)?
Non riesco a capire, causa la mia poca conoscenza in materia, se sto gestendo male la maturazione facendo lievitare troppo lentamente gli impasti ( dovrei aggiungere più lievito?).
Spero di essermi spiegata. In attesa di una Sua risposta, Le porgo cordiali saluti,
Buongiorno a lei, leggendo la sua email noto alcuni errori tecnici e le chiedo scusa se procedo per punti ma la risposta richiederebbe una spazio maggiore della sua email.
1. Con farine deboli non deve assolutamente fare l'autolisi ne tanto meno aggiungere la crusca direttamente nell'impasto
2. La crusca la deve lasciar macerare in una massa in fermentazione (poolish, madre liquida, biga ecc.) qualche ora prima
3. Un impasto cosi debole a 20 - 22°C dopo 5/6 ha già raggiunto il massimo della lievitazione. La pesantezza è data dalla crusca aggiunta e dalla farina integrale. Queste particolari tipologie di ingredienti hanno bisogno di tempi molto molto lunghi e di acidificazione. Lavori con un metodo indiretto e prepari biga, poolish o madre liquida solo con le integrali. Rinfreschi poi con la semola rimacinata e proceda con la puntata come da abitudine.
Nella speranza di esserle stata di aiuto e ringraziandola per essersi rivolta al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti
Vedi la risposta
denominazione legale pane
Buongiorno, utilizzando miscele di cereali diversi tra cui Segale, posso chiamare il mio prodotto: Pane di segale? (la maggior parete della farina è tipo 0)
Grazie
Buongiorno a lei, le chiedo scusa ma per rispondere correttamente al suo quesito e per aiutarla nella corretta denominazione di vendita dovrei conoscere esattamente la miscela di farine utilizzate. In ogni caso se la maggior parte della farina è tipo 0 e poi c'è della segale, una prima ipotesi di denominazione sarà "Pane di tipo 0 con farina di segale". A questo punto però, dato che la farina di segale è nella denominazione di vendita, deve fare il QUID e riportarlo obbligatoriamente tra parentesi nell'elenco degli ingredienti subito dopo la voce farina di segale. Nel caso in cui ci siano molti altri cereali deve riportare "PANE di tipo 0 con farina di segale, ecc., ecc." e riportare per ogni voce, sempre nell'elenco degli ingredienti, il QUID.
Nella speranza di esserle stata di aiuto e ringraziandola per la cortesia, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Riscaldamento impasto
Durante l'impastamento quale sono i fattori che producono l'innalzamento di temperatura? Spesso usando ingredienti da frigo, e rispettando gli stessi minuti di impasto, ho temperature molto diverse. Come mai? Grazie per la cortese risposta e per il servizio.
Buongiorno a Lei, Prima di tutto l'innalzamento della temperatura è determinato dall'energia (KJ) che si produce durante gli attriti meccanici che si generano durante il moto (accelerazione, velocità, superficie, ecc.) dei corpi. In questo specifico caso, tralasciando la specifica della tipologia di moto e la fisica annessa, vi sono; rotazione della vasca (quando presente!), movimento della spirale o di un qualsiasi organo impastatore contro una polvere (farina) o un corpo già formato (pasta di riporto, biga ecc.), velocità di rotazione, forma dell'organo impastatore, quantità e consistenza della massa da impastare (maggiore sarà la quantità e la consistenza della massa, maggiore saranno gli attriti!) ecc. Ogni impastatrice fornisce dei gradi di riscaldamento che vanno da circa 3°C per una forcella ai 6°C per una braccia tuffanti a 44 battute a quasi 9°C per una impastatrice a spirale usata in seconda velocità. Alla temperatura di riscaldamento meccanico dovrà poi aggiungere la temperatura di tutti gli ingredienti previsti per la ricetta, che nella fattispecie di un impasto per pane si riassumono, per la quantità utilizzata rispetto agli altri, in farina e acqua, per ottenere la temperatura dell'impasto a fine impastamento. A parità di tipologia, quantità, stato fisico degli ingredienti, tipologia d' impastatrice, velocità e tempo se parte da ingredienti a 4°C avrà un impasto finale con un temperatura più bassa rispetto allo stesso ottenuto con ingredienti a temperatura ambiente. Se deve ottenere impasti ad elevate idratazioni non le consiglio di partire con tutti gli ingredienti (acqua compresa) a 4°C e poi impastare usando la massima velocità dell'impastatrice, ma di partire con ingredienti a t.a e di aggiungere metà della quantità di acqua all'inizio e poi il restante a filo dopo la formazione del glutine. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio e nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito, le invio i miei più cordiali saluti
Vedi la risposta
"Gelatinizzazione"
Salve dott.ssa Lauri, avrei bisogno di una sua opinione per chiarirmi una constatazione fatta. Ho fatto diverse prove per prepararmi del pane di farro dicocco, integrale macinato a pietra. Avendo preso discreta quantità ho deciso di provare modi diversi di prepararlo. Il pane che a mio giudizio amatoriale é sempre venuto meglio é stato quello per il quale ho preparato della "gelatina" usando il 2% della farina e 5 volte il peso dell'acqua facendola gelatinizzare mescolando a fiamma bassa (water Roux). Volevo arrivare alla risposta al contrario : come mai é venuto meglio? Più combinazioni o cmq una spiegazione si può dare? So che non le ho dato altre informazioni su come ho preparato i vari pani, per non essere prolisso, dico però che nella maggior parte delle prove, a parte le variabili non controllabili facilmente, l'unica cosa che cambiava era la presenza del gel. Grazie in anticipo per la disponibilità
Buongiorno a lei.
Sì, certamente. La tecnica da lei descritta è un’ottima soluzione per rendere più soffice un prodotto realizzato con quella varietà di frumento. La metodica è basata sulla gelificazione dell'amido di frumento contenuto nella farina. Operando in quel modo, l'amido intero (che rappresenta la maggior parte dell'amido presente nella farina) raggiunge la temperatura di transizione vetrosa cioè passa da una struttura ordinata (stato di solido amorfo) a una disordinata (solido vetroso). In questa fase, assorbendo acqua, permette l'azione delle alfa amilasi (le beta sono state disattivate dalla temperatura o per lo meno la loro attività a quella temperatura è ridotta a meno del 20%) proprio su quei granuli (amido intero) che non avrebbero funzione a temperatura standard di lavoro (20 – 30°C). Personalmente, se posso permettermi un piccolo suggerimento, non opererei una cottura a fiamma bassa ma aggiungerei acqua (75 – 80°C) in modo che la massa raggiunga una temperatura 70 – 75°C. La farina di frumento gelifica a una temperatura indicativa di 90 – 95°C rispetto all’amido di mais (65 – 70°C) o la fecola di patate (60 – 65°C) ma a quella temperatura tutte le amilasi sarebbero denaturate per cui presti molta attenzione alle temperature. Lo può usare quando la temperatura della massa raggiunge un valore inferiore a 30°C, ma sarebbe meglio farlo riposare 8 – 10 ore fino a completo raffreddamento. In ogni modo la transizione vetrosa in ambiente acquoso della farina non interessa solo l’amido ma tutti i componenti , proteine comprese. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Farina per madre
Buona sera dottoressa,
Vorrei domandarle quale farina ci permette di avere una pasta madre diciamo "migliore" per esempio segale piuttosto che grano tenero o grano duro, La ringrazio anticipatamente.
Buongiorno a lei. Non c'è una farina in assoluto migliore di un'altra ma una, magari un pochino più consigliata, nel caso si voglia creare da zero una pasta acida naturale o madre. In linea di massima si consiglia la farina di segale integrale o la farina di frumento integrale in quanto ottimo terreno colturale per la crescita degli LAB etero fermentanti, poiché le parti cruscali contengono pentosi, ossia zuccheri con struttura chimica differente dal glucosio (esoso) , fruttosio, saccarosio, malto triosi ecc., che rappresentano un substrato ideale per metabolismi specifici soprattutto del S. sanfranciscensis . Una volta avviata la coltura, raggiunta la stabilità e la forza necessaria può rinfrescare la madre con la farina che desidera; può continuare con la farina di segale, quella integrale oppure con una farina di frumento a suo piacere. Una cosa è certa; per il mantenimento microbico della coltura NON è assolutamente necessaria una farina di W elevata, ma basta una semplice 150<W<180, perché il microbiota ha comunque tutte le sostanze nutritive di cui ha bisogno. Tenga presente poi che a "stabilità" raggiunta, quello che fa la differenza, sono i sinergismi metabolici tra i LAB e lieviti in grado di creare un ecosistema biologico non in competizione nutrizionale. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e restando a disposizione, le auguro una serena giornata.
Vedi la risposta
Caramellizzazione troppo rapida con aggiunta di amido pregelatinizzato
Buongiorno Dottoressa volevo chiederle se è normale che inserendo una piccola percentuale di frumento pregelatinizzato in un impasto per pizza classica si abbia a parità di temperatura una caramellizzazione più veloce?
Buongiorno a lei. Certamente, perché la tecnica da lei descritta permette ai granuli di amido interi di assorbire acqua raggiunta la temperatura di transizione vetrosa conosciuta anche come temperatura di gelificazione. I granuli di amido in quello stato sono quindi attaccabili dalle amilasi e quindi liberano zuccheri in grado di interagire sia con il processo di caramellizzazione sia con le reazioni di Maillard in cottura. Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio.
Vedi la risposta
Semilavorati ed madre
Sta arrivando il periodo dei panettoni e i rappresentanti iniziano a spingere i loro prodotti semilavorati per la produzione di lievitati con lievito madre (non solo panettoni). Senza fare nomi di prodotti specifici, ultimamente va di moda l'etichetta pulita, quindi niente E472 o additivi vari, a cui la gente inizia ad essere sensibile (sempre più clienti leggono le etichette per fortuna). Quello che mi chiedo io è come può una madre di tipo 3 dare al prodotto le caratteristiche di conservabilità di una madre solida fresca? visto anche che la lievitazione parte grazie al lievito di birra aggiunto. La mia preoccupazione è che sfruttando qualche cavillo si riesca a ripulire un'etichetta che pulita non è e di conseguenza giocare scorrettamente contro chi per 365 giorni l'anno gestisce una madre con tutto quello che ne consegue. Grazie
Buongiorno a lei. Il suo quesito ha toccato un argomento estremamente interessante e di attualità e le rispondo con franchezza. Non può un prodotto con madre di tipo 3 dare gli stessi risultati di una madre di Tipo 1 rinforzata con i rinfreschi (due o tre che siano) prima del primo impasto. Non c'è nè storia nè corsa, come si dice. Per quanto riguarda il label clean aprirei una grande parentesi. E' vero che l'aggiunta di enzimi (xilanasi, glucanasi, tranglutamminasi, ecc.), che tecnologicamente parlando vanno a sostituire i famosi E, permette di avere l'etichetta pulita e di non dichiararli, ma è anche vero che gli enzimi sono proteine e quindi a lungo andare "allergeni". Sono tutte molecole approvate dall'EFSA, la quale generalmente conclude i suoi report con la frase “Il gruppo di esperti scientifici ha ritenuto che, nelle condizioni d'uso previste, il rischio di sensibilizzazione allergica e reazioni in seguito all'esposizione alimentare a questo enzima alimentare non può essere escluso, ma la probabilità che tali reazioni si verifichino è considerata bassa.” Come può notare si parla di esposizione alimentare, ma non si cita l'esposizione professionale di contatto con i quintali di farina e tutte le problematiche legate a dermatiti, asma bronchiale ecc. (malattie professionali) di cui c'è bibliografia specifica. La linea è molto molto sottile già ora, quando qualche azienda non dichiara nè l'additivazione di glutine nè l'E300 - obbligo per legge -. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio di consulenza online, le auguro una buona giornata.
Vedi la risposta
Temperatura fredda e impasti deboli
Salve, vedo dalle sue risposte che indica spess l'acqua fredda a 4 C come causa della debolezza degli impasti (in fase appena successiva all'impasto) D'altra parte ho sempre trovato un po' ovunque consigliato di tenersi bassi con la temperatura per poter "inglobare" più acqua (classico consiglio: se non incorda rimetti in frigo e dai di pieghe) Oltretutto quasi tutti i pizzaioli lavorano con acqua a 4C ed eventualmente anche pezzi di ghiaccio in estate. Le andrebbe di spendere due parole in più sull'argomento?
Buongiorno a lei, mi scusi ma occorre fare un piccolo distinguo se Lei si riferisce agli impasti per pane o pizza oppure impasti grassi. "Se non incorda metti in frigorifero e dai pieghe" vale soprattutto per impasti grassi e dolci (panettone, pasta brioche ecc.) e non sempre per la pizza e quasi mai per il pane (presenza di rosso per eccesso di debolezza). Ogni impasto, in base al quantitativo di acqua aggiunta, ha un suo optimum di temperatura a fine impastamento che va dai 23°C (impasti asciutti) ai 27°C (impasti molli) e che tiene conto di molti fattori tra i quali la temperatura ambiente, della farina e del riscaldamento meccanico e appunto dell'acqua. Purtroppo è abbastanza comune vedere usare il ghiaccio per abbassare la temperatura della massa, ma in realtà è una tecnica non proprio corretta in quanto può creare gradienti di temperatura nella massa oltre a rompere qualche parte meccanica dell'impastatrice soprattutto se a bracci tuffanti. Ci sono altri modi per abbassare la temperatura della massa: refrigerare l'acqua fino al limite del cambiamento di stato, condizionare la farina e lavorare in prima velocità (quando è possibile e quando l'idratazione della massa lo permette!). Lo stesso impasto con la stessa percentuale di ingredienti e di acqua ma realizzato prima con acqua fredda e poi calda ha un comportamento differente in base a: assorbimento della stessa, appretto, reologia e sviluppo. La temperatura influisce in primis sulla solubilità delle gliadine e quindi indirettamente sulla struttura glutinica (acqua fredda maggior solubilità, acqua più calda minor solubilità e quindi maggior aggregazione e assorbimento di acqua da parte del network) in secundis sulla solubilità gassosa, sull'attività metabolica, enzimatica, pH, PI delle proteine ecc. Se un impasto, con un quantitativo di acqua maggiore del 60%, nasce troppo freddo e debole (lucidità superficiale) non sempre è possibile recuperare la forza con le pieghe; inizialmente sembra possibile ma poi nel giro di pochi minuti perde la forza impartita con la manualità richiedendo continue pieghe a intervalli regolari. La "debolezza" della massa, alle volte, è utile proprio perché migliora la lavorabilità (sempre se parliamo di impasto per pizza in teglia o pala) e da stendere, ma questo è un altro discorso. Spero di essere stata chiara e di aver dissipato i suoi dubbi. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una serena giornata.
Vedi la risposta
Biga: gestione frigo
Gentilissima dott.ssa Lauri, vorrei chiederLe un chiarimento in merito ad un consiglio che Lei ha fornito ad un altro lettore.
Molti panificatori casalinghi non possiedono un fermabiga e quindi d'estate ricorrono al frigorifero. In un suo consiglio (https://www.quotidiemagazine.it/sos/biga-a-4-gradi) suggerisce di fare un passaggio in frigorifero (es 10 ore a 4 gradi) e un successivo periodo a TA (es 8 ore a 26 gradi) La domanda è: è da preferire prima il frigo e poi la TA oppure l'ordine potrebbe essere invertito? E' possibile avere una spiegazione? La ringrazio in anticipo. Cordiali saluti
Buongiorno a lei, stiamo parlando di bighe cioè di impasti non completati a livello di struttura, ma comunque formati quel tanto che basta per innescare tutte le reazioni chimiche fisiche (abbassamento pH, solubilità proteica, azione enzimatica ecc.) di cui gode un impasto completato. Nello stoccaggio della biga si tratta di stabilire a quale dare maggior importanza. Mi spiego meglio: a +4°C ho un rallentamento dell'attività metabolica ed enzimatica sia dei lieviti inoculati sia della microflora endogena sia degli enzimi naturali presente nella farina (quindi indirettamente un rallentamento della diminuzione dei valori di pH con tutti i fattori correlati all'attività delle albumine, proteinasi/peptidasi endogene ecc.) inoltre ho una maggior solubilità dei gas (O2, CO2 ecc.) e delle gliadine (solubilità in acqua o in acqua/etanolo) che si ripercuotono sulla struttura glutinica e sulla "tenuta" . Operare prima il passaggio a +4°C e poi a +18°C (non consiglio assolutamente i 26°C a meno che sia una t.a. incontrollabile), dal mio personalissimo punto di vista, porta ad un maggior controllo sia microbiologico (metabolico ed enzimatico) sia chimico fisico nonostante si diminuiscano sia la solubilità proteica sia gassosa rispetto al contrario. E' chiaro che il tempo in cui permane a +4°C è in funzione della successiva temperatura di stoccaggio. Aggiunga poi il fatto che lavorare con una biga "fredda" apporta immediata "debolezza" alla massa successiva soprattutto se la ricetta prevede un utilizzo 100% (caso degli impasti molli). Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una serena giornata.
Vedi la risposta
Starter del 2%
Dott.ssa Lauri buonpomeriggio..
Sul libro "I segreti di un arte" pag 84 se non erro ,lei fa riferimento al 2% di lievito di birra nel rinfresco del poolish rapporto 1:2 . Nel mio caso mi trovo con farina di rinfresco di cerca 1.300kg qui di il 2 % sarebbero 26 grammi (non sembrano troppi ).Prodotto pizza in teglia Un poolish gestito un t uscita a 23 gradi e 18 gradi per 18 ore con lo 0,1 % di lievito di birra. Grazie mille
Buongiorno a lei, nel testo "I segreti di un'arte" si fa espressamente riferimento alla tecniche di lavoro usate in panificazione (pane) e non pizza. Se per il pane con la metodica poolish si lavora con il 2% di lievito di birra fresco nel rinfresco sulla farina aggiunta, oltre ai dovuti riposi ecc., per ottenere una particolare alveolatura e friabilità di crosta, la stessa metodica non è da adottare nel caso debba realizzare una pizza in teglia oppure pala (mi sembra di comprendere che questo sia il suo caso) con riposo (maturazione) in massa o in staglio in frigorifero per 12 - 24 - 48 ore. Nel caso debba lavorare questa tipologia di prodotto può evitare l'aggiunta di lievito di birra o al massimo lavorare con lo 0,1% sempre sulla farina di rinfresco. Mi scusi ma non riesco a comprendere la sua ultima domanda. Cosa vuole sapere? Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio. Buona giornata
Vedi la risposta
Brioche e cornetto
Buongiorno Simona, mi piacerebbe avere qualche dettaglio sulla differenza che sussiste tra l'impasto croissant e quello per il cornetto all'italiana (che rispetto al croissant francese si dovrebbe distinguere per la presenza di uova e per un minor contenuto, in percentuale, di burro).
Le differenze sono solo a livello di metodica di lavorazione e lievitazione oppure vi sono differenze sostanziali anche nel bilanciamento degli ingredienti ? Un sincero ringraziamento e un caro saluto.
Buongiorno a lei, Sì ci sono delle differenze tra il cornetto all'italiana e il croissant francese; differenze che riguardano sia l'ingredientistica, sia la metodica delle pieghe sia le dimensioni dei pezzi. Non sono regole tabulate fisse ma linee di principio generale. Prima di tutto il croissant francese è molto più friabile, ricco di burro, può essere un' ottima base per un accompagnamento dolce e/o salato, non contiene uova, lo zucchero è presente in quantità inferiore rispetto al cornetto, non contiene, in linea di massima, aromi, presenta un' alveolatura più ampia perché, si opta per una laminazione e pieghe 1 a 3 e 1 a 4 (generalmente!) contro le 3 a 3 del cornetto. Il peso del singolo pezzo è simile mediamente 70 - 80,0 g cosi come lo spessore della pasta 3,5 - 4,0 mm, ma il cornetto ha una base leggermente più lunga. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una serena giornata.
Vedi la risposta
pH delle farine di grano tenero
Buongiorno dottoressa!
In bibliografia trovo poche fonti riguardo la titolazione del pH delle farine di grano tenero, ovvero il range in cui queste ricadano. Lei puoi darmi informazioni in merito?? E consigliarmi alcune fonti?
Rinnovando la mia stima Le porgo cordiali saluti!
Buongiorno a lei mediamente il pH delle farine è 5,8<pH<6.2 in condizioni ottimali di lavorazione. Potrebbe consultare questo "Quadermi di chimica degli alimenti". Nella speranza di esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti
Vedi la risposta
Germe di grano
Buongiorno dottoressa. Cosa si intende per germe di grano “vivo”. Nel caso della pizza lei qual germe consiglia da usare: germe tostato o senza tostare, è perchè. Grazie mille in avanti.
Buongiorno a lei, per "germe vivo" si intende il germe estratto dalla cariosside cosi com'è con tutti i suoi complessi enzimatici (lipasi, lipossigenasi ecc.) comprese le lectine. Quello tostato invece è il germe che mediante il processo della tostatura ha subito l'inattivazione di tutti i complessi enzimatici presenti. Attenzione che da Reg Ue 2158/17 occorre che "Gli OSA si accertano che i fornitori degli ingredienti sottoposti a trattamento termico che presentano un potenziale di formazione di acrilammide effettuino una valutazione dei rischi relativa all'acrilammide e attuino le opportune misure di attenuazione." Personalmente non uso nè l'uno nè l'altro perchè le dosi di utilizzo sono cosi basse che a mio parere non apporta nulla anzi se vivo apporta lectine di cui non è facile la disattivazione durante il processo di panificabilità. Nella speranza di esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti
Vedi la risposta
Temperatura ed estensibilità
Buongiorno Dottoressa, avrei un paio di curiosità da chiederle, per quale motivo se impastiamo con acqua fredda si dice che l'impasto è più estensibile? (ammesso che sia così, perché forse il freddo compensa in rigidità) Mentre quando chiudiamo caldo o comunque andiamo su con le temperature in macchina prende più forza? Cosa avviene di fatto? Un ultima cosa, sempre sulle temperature, cosa ci fa preferire e quindi quali caratteristiche otteniamo da una puntata al "caldo" (cella di lievitazione) piuttosto che una puntata a 4/6 gradi? Grazie infinite per il suo tempo, buona giornata!
Buongiorno a lei, mi scusi ma a un quesito molto simile al suo ho già risposto a questo link https://www.quotidiemagazine.it/sos/temperatura-fredda-e-impasti-deboli. Per quanto riguarda invece la sua seconda domanda, le rispondo che la scelta cade soprattutto sulla logistica, organizzazione del lavoro, tempo, tipologia di impasto, quantitativo di massa da gestire, ecc. Opto per uno stoccaggio a 0 +4°C e poi fermentazione a 18 - 20°C quando devo gestire grandi quantità in fermalievitazione cioè in situazioni in cui sarebbe problematica la gestione di tanti prodotti nella stessa unità di tempo. Spero di aver ben compreso il senso del suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Biga+poolish
Buonasera professoressa lauri
Secondo lei é utile utilizzare DUE PREIMPASTI BIGA+POOLISH PER UNA PIZZA IN TEGLIA ? SE SI in quale percentuale? E come gestirli ? Entrambi in ta? Avrei pensato biga in ta come da disciplinare giorilli e poolish in tc chiudendolo intorno ai 24 gradi con 1%di lievito. Grazie mille
Buongiorno a lei, biga e poolish sono due tecniche completamente diverse tra di loro e se opta per una lavorazione non deve usare l'altra. La biga va bene per qualsiasi impasto e qualsiasi idratazione (il risultato dipende da quanta ne utilizza nella massa finale), mentre il poolish è consigliato per impasto con un quantitativo di acqua aggiunta oltre il 70%. Non ha senso usarle insieme! La scelta non deve essere in base alla temperatura di gestione ma in base alle sua esperienza personale, abitudine e idratazione totale della massa; come le dicevo, la biga va bene con impasti a qualsiasi idratazione. Diciamo che la preparazione del poolish è un pochino più veloce (min 4 ore max 12 - 16 ore) rispetto alla biga (min 6 - 9 ore max 72 ore), ma trae in inganno cosi come la biga. La percentuale di lievito fresco aggiunto nel poolish è funzione del tempo di maturazione/stoccaggio, a parità di temperatura standard di 18°C,(nella biga è fisso al 1%); se alza la temperatura oltre i 18°C, il poolish matura prima del previsto, mentre se lo conserva a +4°C aumenta decisamente il tempo della maturazione a parità di quantità di lievito fresco usato. In ogni caso non c'è alcun disciplinare universalmente riconosciuto e/o standardizzato per le bighe, perchè la gestione dipende da innumerevoli fattori e ognuno opera secondo le proprie conoscenze, condizioni operative, farina e abitudini. Mi scusi ma l'1% di lievito di birra fresco nell'impasto finale è eccessivo per entrambe le lavorazioni; sta facendo pizza, non pane! Al massimo, nel rinfresco finale, deve lavorare con 0,1% di lievito fresco sulla farina aggiunta, riposo in massa, stoccaggio a +4°C per minimo 24 ore e fermentazione finale 2/3 ore in base al valore della temperatura ambiente. Mi scusi ma non riesco ad aiutarla maggiormente perchè non sono io l'autore di quello che ha letto e non so assolutamente cosa ci sia scritto; le consiglio di rivolgersi all'autore per ogni dubbio o perplessità su quella gestione. Spero comunque di essere stata in grado di dissipare il suo dubbio e resto a sua disposizione. Ringraziandola per essersi rivolto al nostro servizio, le auguro una serena giornata.
Vedi la risposta
Poolish i segreti di un arte
Dott.ssa lauri ..ho appena acquistato il vostro libro i segreti di un arte ,lei a pagina 84 spiega il poolish leggermente diverso dagli altri libri é cioè .. Di utilizzare farina al doppio di quella utilizzata per il poolish ,più il 2% sulla sola farina aggiunta ..Togliamoci i dubbi a livello numerico Impasto amatoriale 1000 di farina 800 di acqua 25 dl olio, 25 di sale. Per il poolish avremo 330 di farina forte 330 di acqua Lievito 0,33 %? Possibile
Al rinfresco avremo 666 di farina al doppio 333 di poolish. Il 2 % di lievito lo calcolo su 666 ? Quindi 13 grammi ?
Buongiorno a lei, certamente è possibile se opera con un poolish lasciato maturare tra le 12 - 16 ore a t.a. e quindi fatto con lo 0,1% di lievito. Può fare un poolish più corto e quindi aumentare la % di lievito fresco. Chiaramente non siamo farmacisti o chimici analitici e la seconda/terza cifra dopo la virgola solo una bilancia analitica la può leggere. Questa è la problematica che si presenta soprattutto su piccole dosi (1000 g di farina) per cui per risolvere il problema può operare o con un poolish più corto, per esempio di 8 ore, o approssimare per eccesso al grammo. L'errore di approssimazione per eccesso più essere controllato con la gestione della temperatura dell'acqua, dell'ambiente, dell'impasto e con i tempi di riposo. Chiaramente più i numeri sono piccoli più l'errore assoluto di calcolo sarà maggiore. Se pensa alle stesse percentuali (sempre se si opti per un poolish cosi lungo!) calcolate invece su 10 Kg di farina si troverà a fare sempre lo stesso calcolo; non saranno 0,33 g ma 3,3 g che saranno approssimati a 3,5 g, mentre 13 g diventeranno 130,0 g facilmente pesabili. Non si preoccupi di pesare qualche 0,1 g in più di lievito o di acqua perchè l'errore sarà facilmente corretto dal diverso assorbimento di acqua da parte delle farine o facendo variare di poco le condizioni operative. Non è pressapochismo ma una modalità operativa corretta che si adotta quando i numeri sono cosi piccoli. Spero di esserle stata di aiuto e nel ringraziarla per aver usufruito del nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Poolish in frigo
Dott.ssa buongiorno, sono un amante di impasti indiretti e volevo porle questo quesito: volte trovo la gestione del poolish in frigo ma nessuna parla di chiusura ottimale prima di andare in frigo, %di lievito e ore consigliate. Cosa mi sa dire di più sulla gestione del poolish usando il frigorifero ?Grazie mille.
Buongiorno a lei personalmente non adoro la gestione del poolish in frigorifero per due ragioni:
1. La percentuale di lievito fresco da aggiungere è calibrata sulla temperatura del locale (18 - 20°C) e sul tempo necessario alla maturazione della massa a t.a.
2. Un impasto freddo da frigorifero (+4°C) se utilizzato a quella temperatura, impartisce alla massa estrema "debolezza" e al prodotto finito la caratteristica ed inconfondibile colorazione rossa. Il difetto sarà molto più marcato se poi l'impasto formato viene messo ancora in frigorifero per 10 - 12 ore come generalmente si opera a livello casalingo. Il risultato sarà un prodotto con colorazione molto intensa, alveolatura chiusa, pesantezza e presenza di microbolle sottopelle, tipiche della gestione fredda. A livello professionale una colorazione così marcata potrebbe creare non pochi problemi sia al panificatore sia al consumatore per l'attuale Reg. UE 2158/2017. La gestione in frigorifero potrebbe essere di aiuto solo nei casi in cui la t.a. superi i 18 - 20°C; in questo caso, però, si può procedere con la preparazione più corta del poolish e non magari 12 - 16 ore. Se proprio avesse la necessità di utilizzare il frigorifero, le consiglio di non variare assolutamente la percentuale di lievito fresco nè soprattutto il rapporto tempo/temperatura per la percentuale utilizzata ma di procedere con lo stoccaggio di qualche ora a +4°C all'inizio appena preparato e poi di continuare la maturazione a t.a. fino al collasso centrale della massa liquida. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito e ringraziandola per la preferenza accordata al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Quantità massima lievito di birra
Salve e come sempre complimeti per il servizio che offre. Avrei una domanda breve, tralasciando la qualità degli impasti e dei relativi prodotti che si otterrebbero, esiste una quantità massima di lievito di birra utilizzabile per chilo di farina oltre la quale si potrebbero avere problemi per la salute del consumatore? se si quali sostanze (direttamente introdotte o metabolizzare dal lievito) risulterebbero tossiche? grazie dell'attenzione.
Buongiorno a lei, ipotizzando di escludere la metodica indiretta e considerando unicamente una metodica diretta non si deve superare per il pane il 4,0% di ldb (percentuale calcolata sulla farina), il 5,0% per impasti dolci con zucchero, uova e burro. Non considero l'impasto per la pizza, perché in linea di massima (data la lavorazione lunga) non si deve superare lo 0,2% sempre calcolato sulla farina. In un grammo di lievito di cultura pura al 95% di S. cerevisiae ci sono mediamente 10 miliardi di cellule che nelle condizioni di lavorazione, cioè fino a quando c'è ossigeno nella massa e la concentrazione zuccherina resta minore di 9g/l, producono biomassa oltre alla produzione di CO2 e H2O. Questo implica che la cellula dopo una lag phase iniziale più o meno lunga (mediamente 1 ora) entra nella fase esponenziale di crescita e le UFC/g iniziali (già di diversi miliardi) aumentano esponenzialmente fino alla fase stazionaria. Una concentrazione così massiva di UFC/g di lievito rende il prodotto - pane - un alimento estremamente ricco di purine e proteine. Il metabolismo della purine, proteine, acidi nucleici da parte dell'organismo umano porta ad un accumulo di acido urico nel sangue che se, non opportunamente metabolizzato, porta a iperuricemia e gotta. Questa è comunque la patologia che potrebbe insorgere nel caso di un eccessivo consumo di un qualsiasi altro alimento ricco di proteine. Per sua natura l'apporto nutrizionale del pane non è proteico ma a favore dei carboidrati. Spero di essere riuscita a rispondere esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Precisazioni sul quesito "Mode e social".
Dottoressa la ringrazio e mi scuso per il mio quesito mancante di necessarie informazioni, ma che lei ha tuttavia letto correttamente. Come da lei intuito, mi riferivo a lievito compresso fino all'ultima frase, quella che comincia con la parola "infine", la sola in cui intendevo fare riferimento alla pasta madre. In quanto a metodica, mi riferivo proprio a un diretto lungo. Se ho ben compreso la sua risposta, è quindi possibile procedere con un diretto lungo anche col 2% di lievito, in un ambiente fresco, intorno ai 15-16 gradi, senza rischi? Mi preoccupava proprio il rischio microbiologico, cui lei ha fatto riferimento. Ancora grazie per la sua preziosa risposta.
Buongiorno a lei, per un diretto lungo personalmente userei non il 2% ma 1% di lievito di birra fresco, anche 0.8% se stoccato a 16 - 18°C per 12 - 18 ore. La realizzazione del soffiato secondo il diretto lungo prevede proprio l'utilizzo dell' 0,8% di lievito fresco nello condizioni operative appena descritte. Sinceramente non so a quali rischi microbiologici si riferisca ma con un inoculo volontario di S.cerevisiae fresco con queste percentuali non ci sono rischi. Grazie a lei per essersi rivolta/o al nostro servizio. Un saluto cordiale
Vedi la risposta
A proposito di mode e social
Buongiorno dottoressa, ho sempre letto ricette di paste lievitate dolci in cui sono indicate percentuali di lievito dal 2% al 4%, in base al loro contenuto di zuccheri e grassi. Da casalinga a quelle mi attengo, sia per lievitazioni a 28 gradi, che a temperature più basse, facendo ad esempio la puntata a 4-6 gradi in frigo. Invece su un gruppo di cucina regionale, in questi giorni di Carnevale moltissime persone presentano ricette di ciambelle fritte "a lunga lievitazione" con percentuali di lievito pari allo 0,5%, o addirittura 0,2%, e puntata notturna a ta, presumo quindi a 18-20 gradi. Nonostante alcuni risultati sembrino buoni, il mio dubbio è se questa "moda" possa avere conseguenze dannose, non solo sul prodotto, ma anche per la salute. E infine, ci sono rischi, e se si di che tipo, anche nel ridurre le percentuali di lievito madre, ad esempio al 5%, con lievitazione a ta? (anche questo visto di recente su un gruppo). Sperando in una sua risposta, la ringrazio le auguro buon lavoro.
Buongiorno a lei, mi scusi ma non riesco a capire la prima parte della sua email. Le percentuali che lei riporta si riferiscono al lievito fresco compresso conosciuto come lievito di birra o S. cerevisiae o alla pasta acida naturale o madre? Se si riferisce al lievito fresco di birra sono comunque corrette per un impasto dolce realizzato con metodica diretta corta o diretta media con gestione in frigorifero. Lo stesso per le percentuali di 0.2 - 0.5% di lievito di birra fresco se riferite a metodiche dirette lunghe con gestione della temperatura. Se invece le percentuali si riferisco alla pasta acida naturale o madre beh... sono un pochino inconsistenti se riferite soprattutto all'impiego di una madre solida. La percentuale del 5% potrebbe essere accettabile se la metodica è indiretta lunga con madre liquida ma le altre percentuali (0.2 e 0.5%), personalmente, mi sembrano insufficienti. Per carità ogni testa un piccolo mondo ma come professionista abituata a lavorare in sicurezza microbiologica con grandi quantità sia di impasto sia di madre (solida, liquida, in acqua) non lavoro certo con quelle dosi soprattutto se la madre è liquida e rinfrescata magari una sola volta alla settimana o raramente. Nella speranza di aver risposto esaurientemente al suo quesito e ringraziandola per averlo inviato, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Verifica (Per curiosità!)
Salve dottoressa, le rinnovo la mia stima ed ammirazione per la passione e la pazienza che impiega nel suo lavoro. In un mondo reale e virtuale, pieno zeppo di: maestri della panificazione, maestri della pasticceria, docenti di vario genere, formatori, dimostratori, insomma tutti super esperti e tutti che lasciano intendere che possono sicuramente insegnarti qualcosa.
Come se di colpo il tuo saper fare degli ultimi 5 decenni non contasse più nulla.
Quindi ora se non la disturbo , vorrei porre alla sua attenzione questo piccolo testo che ho trovato in rete. Così, per curiosità. Mi sembra scritto bene, comprensibile (anche se ne ho trovati altri illeggibili).
"Uno dei vantaggi che offre il Lievito Madre per la salute è l'alta digeribilità, assieme al Maestro xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx andiamo ad analizzare questo aspetto benefico.
«La lievitazione spontanea è una lievitazione molto lenta per consentire alla popolazione microbica di raggiungere un grado di maturazione cioè un numero sufficiente di lieviti e batteri per sviluppare l’impasto. Questi tempi lunghi consentono agli enzimi presenti di digerire, cioè rendere più semplici e disponibili, i nutrienti a partire dalle proteine, alle macromolecole lipidiche e amidi. Una bella fortuna per noi."
Chi accredita queste persone? Come si fa a diventare Docente della panificazione, per esempio? Come fanno a chiedere fior di quattrini per insegnare l'ABC di questi bellissimi mestieri? Un corso pagato migliaia di euro sembra più valido di un'assunzione da apprendista dove si lavora, si impara e si viene anche pagati. Cordialmente, saluto.
Buongiorno a lei, grazie per questa email che focalizza ancora una volta l'attenzione sulle reali problematiche del settore. Chi mi conosce sa che sono diretta e non utilizzo mezze parole; il settore della panificazione ha scuole riconosciute dal Ministero della Pubblica Istruzione e la preparazione professionale raggiunta è erogata come formazione continua (più di 800 ore/anno) triennale o quadriennale (se non ricordo male!) delle Agenzie Formative, Centri di formazione professionale, Istituti Professionali ecc., dopo la "famosa" terza media. Non entro nella valutazione di POF. Alla fine di questo percorso scolastico professionalizzante è rilasciato un diploma di qualifica professionale riconosciuto dal Ministero e con l'integrazione di un ulteriore anno l'alunno può accedere all'Università. In questi anni di studio a scuola è inserito anche il periodo di STAGE presso le aziende, chiamato anche Alternanza scuola lavoro, in cui il ragazzo/a, al posto di andare a scuola, si reca a lavorare presso le Aziende accreditate con la scuola stessa. Alla fine del percorso scolastico tri/quadriennale, come le dicevo, viene rilasciato un diploma di frequenza che NON è assolutamente un titolo accademico, cioè non permette di utilizzare il titolo di "Maestro", ma consente o di entrare nel mondo lavorativo con un titolo riconosciuto oppure di continuare gli studi. In Italia non c'è nessuna scuola accreditata con il Ministero che rilasci questo titolo se non, forse, qualche programma formativo organizzato da qualche Camera di Commercio per professionisti con diversi anni di esperienza nel settore e comunque dopo aver frequentato un corso teorico e pratico. L'accreditamento del "titolo" è dato unicamente dal percorso scolastico effettuato, a sua volta accreditato da un Ente Pubblico oppure da anni di esperienza nel settore in cui il titolo sia riportato in un DL. Non parliamo poi del titolo di "Dottore" che SOLO ed UNICAMENTE un percorso universitario post diploma quinquennale rilascia. Ancora peggio il titolo di TECNOLOGO ALIMENTARE, tanto illegalmente abusato nel settore dell'arte bianca da persone che magari non hanno neanche frequentato l'Università, riservato UNICAMENTE ai Dottori con laurea quinquennale che hanno superato l'Esame di Stato ed hanno l'iscrizione all'ordine professionale dei Tecnologi Alimentari. Le scuole professionali, che erogano la formazione continua, utilizzano come docenti della parte pratica panificatori in attività o in pensione che hanno fatto domanda oppure ex loro studenti che hanno avuto esperienza professionale di anni. Nel settore specifico della pizza NON c'è nessuna "scuola" riconosciuta dal Ministero che eroghi una formazione continua pluriennale (hanno magari le certificazioni per la formazione erogata ma la formazione non è riconosciuta dalla Ministero della Pubblica Istruzione Italiano come formazione continua professionale), pertanto il certificato che rilasciano NON ha alcun valore spendibile sia nel pubblico sia nel privato (a livello di qualifica professionale!) in Italia e/o estero oltre il fatto magari di essere corsi brevi 2/3 giorni e non annuali. E' solo un attestato per aver frequentato quel corso privato di quella specifica azienda. (alcuni sono anche riconosciuti come formazione ma sono solo corsi monotematici di 2/3 giorni non di più e soprattutto NON hanno nulla a che vedere con la formazione continua pluriennale) Il problema è proprio quello ... fino a quando ci sono persone disposte a pagare migliaia di euro per un certificato senza alcun valore e/o qualifica! Nella speranza di esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
tempi di maturazione madre
Salve Dottoressa, avrei un consiglio da chiederle. al momento produco pane toscano con una madre solida che veniva rinfrescata alle 11 per entrare in produzione alle 23. Nel far fronte ai maggiori costi inevitabili dovuti alla situazione attuale, abbiamo deciso di terminare il turno alle 8 trovandoci cosi a rinfrescare l'ultima volta alle 8. cosi facendo rinfreschiamo il lievito 1 a 2 42%idro e la teniamo a 18 gradi, ma al momento si sono allungati molto i tempi di lievitazione finale e con una spinta sempre debole, anche se nel complesso la madre non è cambiata. Come possiamo trovarci il lievito pronto dopo e in spinta dopo 15 ore dall'ultimo rinfresco? meglio cambiare metodo di impasto? e se si in che modo? o devo cambiare la gestione della madre?
grazie del consiglio.
Buongiorno a lei, da quello che posso comprendere, senza vedere la madre e solo dalla sua email, il rapporto 1:2 a mio modesto parere non è corretto. Farei un semplicissimo 1:1 e poi a 18°C. Se è possibile, magari lo lascerei l'ultima ora a 30°C. Spero di essere riuscita a risolvere il suo problema. Cortesemente mi faccia sapere. Nel ringraziarla per la preferenza al nostro servizio, le auguro una piacevole giornata.
Vedi la risposta
Laminazione lievito madre
Buongiorno Dottoressa Lauri, vorrei chiederle una cosa, credo semplice, forse stupida. Gestisco il lievito naturale, laminandolo dopo averlo rinfrescato. Lo faccio d'abitudine con una tirasfoglia da banco dedicata, pur avendo una sfogliatrice a tappeti. Ora però avrei bisogno di riorganizzare gli spazi, ed eliminerei la tirasfoglia. La domanda è: che tipo di accortezze di pulizia si devono adottare per passare il lievito nella sfogliatrice, ed evitare ogni genere di contaminazione?
Buongiorno a lei, la cosa importante è che i tappetti della sfogliatrice non siano uniti, sporchi, con macchie più o meno colorate e che il rullo non sia sporco di grasso, cioccolato, marmellata, crema, ecc. Nessuna accortezza in particolare solo rigoroso, maniacale e routinario igiene dell'attrezzatura perché togliere i tappetti della sfogliatrice non sempre è possibile. E' normale e corretto che si "contamini" d'altra parte non è possibile evitare in nessun modo la contaminazione. Grazie a lei per essersi rivolto al nostro servizio. Buona giornata
Vedi la risposta
Miele e impasto panettone
Buonasera dottoressa S.Lauri, vorrei chiederle se una percentuale troppo elevata di miele, nel secondo impasto del panettone, può generare un "indebolimento" del glutine. La ricetta prevede 260 g di farina e 25 g di miele, lo zucchero 122g , il tutto su 1000g di impasto finito compreso inerti.
Nonostante abbia usato una farina Manitoba W350 la consistenza finale non era quella desiderata. Esiste una percentuale massima di miele da non superare per evitare problemi a livello casalingo?
Buongiorno a lei, mi scusi ma che problema di consistenza ha notato? Il saccarosio (zucchero da cucina) così come la tutte le sostanze igroscopiche (l’igroscopicità è la capacità di una sostanza di assorbire molecole d’acqua presenti nell’ambiente circostante per mantenere uno stato di equilibrio igrometrico) hanno la caratteristica di assorbire acqua sottraendola sia ai granuli di amido sia e soprattutto alle strutture proteiche. Se da una parte rallenta lo sviluppo del glutine dall'altra evita l'essiccamento del prodotto mantenendolo morbido nel tempo, riduce la nota acida, stimola la fermentazione, incrementa la colorazione superficiale. L'iterazione con le molecole di acqua è la motivazione principale dell'aggiunta a filo e graduale in seconda velocità dopo la formazione del glutine. Per il miele il discorso è amplificato in quanto la sua composizione prevede la presenza di glucosio, fruttosio, isomaltosio, raffinosio oltre chiaramente a acqua, antibiotici, acidi organici, enzimi, sostanze minerali e azotate ecc. Ha una concentrazione zuccherina elevata, è una sostanza igroscopica ma che, rispetto al saccarosio, contiene il 17 - 18% di acqua. La presenza del fruttosio è il fattore che, rispetto al semplice saccarosio, aumenta notevolmente l'igroscopicità, interferisce e modifica la struttura nell'impasto. Addirittura nei prodotti della biscotteria la presenza dello zucchero fa si che i prodotti restino più morbidi e più "friabili" (anche se questa caratteristica sensoriale è comunque tipica del burro che è sempre rapportato allo zucchero). Leggendo la sua ricetta mi sembra abbastanza bilanciata, volendo può arrivare fino al 3 - 4% di miele sul totale della massa; sinceramente non penso che il suo problema dipenda dallo zucchero e/o dal miele. Ringraziandola per la preferenza accordataci e per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Farine di forza e assorbimento dei grassi
Buonasera dottoressa S.Lauri, vorrei porle una domanda in merito alle farine di forza (credo si intenda Manitoba ) e la loro capacità di assorbire i grassi. Da cosa dipende la capacità di assorbire i grassi in una farina?
In particolare mi riferisco alle farine utilizzate per realizzare grandi lievitati. Sembra che tra farine "tecniche" e altre diavolerie non si possa più fare un panettone senza che sulla confezione ci sia scritto per panettone o colomba. Vorrei comprendere meglio. Grazie infinite per il servizio che dona a tutti noi appassionati.
Buongiorno a lei, mi scusi ma, contrariamente a quello che si pensi, la farina conosciuta come Manitoba non è detto che sia una farina di forza. Manitoba è solo il nome di una "varietà", non necessariamente di "forza". Per rispondere esaurientemente al suo quesito occorre fare un piccolo passo indietro per comprendere a grandi linee quale sia la funzione dei lipidi in una "schiuma" come è definito da diversi autori l'impasto. L'assorbimento dei grassi da parte della farina dipende di diversi fattori tra i quali: la tipologia di grasso, lo sfarinato inteso sia come cereale o pseudocereale impiegato sia e soprattutto come valutazione quali quantitativa dei biopolimeri e il quantitativo di acqua presente per l'idratazione dello sfarinato. Il contenuto minimo di umidità richiesto affinché questi legami inizino a formarsi è di circa il 23%. Il fenomeno prosegue fino a quando l’impasto raggiunge un tenore medio di umidità del 36-40%. La successiva fase di impastamento manuale o meccanico favorisce ulteriormente l’instaurarsi dei legami. In base alla struttura molecolare dei grassi impiegati (presenza di lipidi polari con struttura anfifilica, lunghezza della catena, ecc.) si esercitano diverse funzioni tra le quali quella: tensioattiva, emulsionante, stabilizzante del sistema e in grado di trattenere maggiormente i gas.
Fungono da tensioattivi quelli che presentano una struttura chimica anfifilica, cioè costituita da gruppi idrofobici, in grado di legare molecole non polari, e da gruppi idrofilici, capaci di instaurare legami con l’acqua e con altre molecole polari. Sostanze grasse quali burro, strutto, oli vegetali idrogenati e margarine presentano maggiori proprietà tensioattive rispetto agli oli per la maggior presenza di acidi grassi a catena corta (fino a 6 atomi di carbonio) e/o di gruppi fosforici che sono maggiormente in grado di formare strutture (legami o complessi) tra le proteine e amido (amilosio). I lipidi polari possono legarsi alle gliadine mediante legami idrofilici e alle glutenine attraverso legami idrofobici. In questo modo si forma il complesso gliadina-lipide-glutenina che contribuisce alla formazione di una struttura stabile, capace di trattenere i gas che si formano durante la fermentazione. Analogamente, i lipidi polari possono legarsi idrofobicamente alla glutenina e idrofilicamente all’amido. La struttura che si forma sarebbe in grado di ritardare il processo di raffermamento. Come le dicevo l'impasto può essere idealmente considerato una "schiuma", ovvero una dispersione di gas in una soluzione acquosa e i lipidi formano un monostrato all’interfaccia tra la fase acquosa e la fase gassosa, stabilizzando il sistema. Il motivo invece dell'aumento di volume (percentuali inferiori al 3% sulla farina per l'olio EVO) risiede nella formazione di dispersioni acquose (micelle) trattenute all’interno del reticolo glutinico sia mediante intrappolamento fisico sia attraverso legami polari e/o ionici. La presenza di micelle contribuirebbe alla formazione dell'aumento di volume sia per la maggior capacità di trattenere i gas sia per l'espansione termica degli stessi. Ciò appena descritto, è collegato sia alle cultivar sia a come tali strutture riescano a reticolarizzarsi (strutturazione della rete glutinica) a parità di tutte le altre condizioni soprattutto tipologia e percentuale di lipidi. Si assicuri di acquistare farine 350<W<380 (utilizzo con le impastatrici casalinghe) anche leggermente inferiori e non si lasci trarre in inganno dal marketing della farine tecniche. Un panettone o un altro grande lievitato può benissimo essere realizzato con una 250<W<300 ma questa è un'altra storia. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio di assistenza online, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Perchè utilizzare il metodo in sacco
Buongiorno Dott.ssa mi può spiegare per cortesia le ragioni per cui è preferibile adottare per il mantenimento il metodo in sacco piuttosto che libero? Cosa accade al lievito quando viene legato? Grazie, cordiali saluti.
Buongiorno a lei, la scelta di prediligere una metodica di gestione rispetto ad un altra è soprattutto legata alle abitudini, al tempo, alla tipologia di prodotti da produrre, ecc. di ciascun artigiano. Nella realtà quotidiana della lavorazione artigianale (sto parlando della gestione di diversi quintali di prodotti e di conseguenza di diversi chili di madre) ha sempre la precedenza l'"abitudine", intesa come gestione del rinfresco e tecniche operative personali (addirittura stessi orari) e molto spesso passano quasi sempre in secondo piano le differenze microbiologiche, chimico fisiche e fisiche di una madre gestita in sacco rispetto a quella libera in mastello, in acqua, o liquida. Quello che cambia in primis nelle tre gestioni sono: DY, presenza/assenza di ossigeno, acidità totale, pH, QF e soprattutto la specificità di microflora e le associazioni mutualistiche. Le lascio alcuni link dove potrà trovare qualche approfondimento https://www.quotidiemagazine.it/archivio/2020/numero-5-maggio-2020/e-ancora-acido-fenillattico-e-batteriocine-simona-lauri-ota-milano oppure https://www.quotidiemagazine.it/archivio/2018/numero-8-agosto-2018/la-madre-contiene-s-cerevisiae-simona-lauri-ota-milano. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Starter nel poolish ..
Lezione di Arte bianca n18. In una parte del testo letto ,Lei parla di aggiungere del lievito nel poolish 0.1 nel pane e 0,5% nella pizza ..Come mai ciò ?
Io da amatoriale e leggendo vari libri sulla panificazione ,questo starter non lo ho mai inserito nel poolish o meglio se lo inserisco lo feci solo accorciare i tempi dell'appretto.
Buongiorno a lei, penso che il testo al quale lei si riferisca sia "...Prima di tutto, si suggerisce di rispettare indicativamente il rapporto 1:2 tra la farina utilizzata nella preparazione del poolish e quella usata nel rinfresco cioè, in parole più semplici, la quantità di farina da aggiungere nel rinfresco o impasto finale dovrebbe essere sempre il doppio di quella utilizzata nella fase iniziale di realizzazione del poolish. Invece 1.0 – 1.2% rappresenta la percentuale suggerita di lievito compresso fresco ldb da aggiungere all’impasto finale se si deve produrre un impasto da pane e 0.1 – 0.5% se da pizza...". Lo starter (lievito) non va inserito nel poolish ma nell'impasto che andrà a fare. Le percentuali alle quali faccio riferimento sono quindi 1,0 - 1,2% e non 0.1% di ldb nel pane e 0.1 - 0.5% nella pizza. La motivazione risiede nel fatto che nel pane ho bisogno di alveolatura nella mollica e di friabilità (data soprattutto dalla scelta della metodica per gli impasti molli) in funzione proprio dell'idratazione totale della massa. Per la pizza vale lo stesso discorso soprattutto se si lavora con i rapporti descritti nell'articolo. Chiaramente l'aggiunta del lievito compresso (ldb) implica una modifica dei parametri delle fasi processo. Le scelte di operare sono quindi prettamente soggettive in funzioni delle sue condizioni e abitudini. Nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Gelatinizzazione, quale?!
Gente.ma dott.ssa Lauri, salve e sempre complimenti per il suo lavoro, a proposito dell'argomento del titolo volevo chiederle informazioni. Ho visto più procedimenti per realizzarla. In particolare per es.uno consiglia di mettere un quinto di farina in 5 di acqua e con fiamma bassa girare finché non si crei una gelatina da usare quando raffreddata. L'altra tecnica prevede di versare stesso peso di acqua bollente(alcune volte anche una volta e mezzo, 2 ...) su farina, amalgamare bene e coperta fatta raffreddare da poi aggiungere al resto degli ingredienti. In entrambi i modi sottraendo peso di acqua e farina dal totale. Può spiegarmi la differenza tra le due tecniche e perché ho letto che la seconda viene utilizzata anche con i 'grani antichi"?! In che percentuale rispetto al totale si usa uno o l'altro metodo?. Grazie per il suo impegno buon lavoro
Buongiorno a lei, può usare qualsiasi tecnica, La seconda è più usata e più diffusa. In linea di massima non si va oltre il 20 - 25% sulla farina che si decide di aggiungere per non impartire pesantezza estrema al prodotto. Spero di esserle stata utile e nel ringraziarla per essersi rivolto/a al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Condizioni di rinfresco lievito madre
Salve, la contatto perchè da poco sono andato a lavorare in un laboratorio che usa regolarmente lievito madre per panificare e contestualmente anche lievito di birra per altri prodotti. Tutti i giorni subito dopo aver impastato pizza con lievito di birra, il titolare toglie l'impasto dalla macchina e rinfresca nella stessa macchina il lievito madre. Ora appurato che fra i microorganismi che popolano il lievito madre è presente anche Saccharomyces cerevisiae, Non può accadere che il lievito subisca delle contaminazioni negative dalla presenza di tracce di lievito di birra? inoltre l'impasto che precede il rinfresco del lievito contiene anche sale e olio di semi, non potrebbero anche questi influire negativamente sulla madre? Ho provato a chiedere al titolare, la risposta è stata che lui fa cosi da 40 anni e non ha mai avuto problemi. Grazie delle delucidazioni che vorrà darmi. Cordiali saluti.
Buongiorno a lei, mi scusi ma la risposta che le ha dato è la classica risposta di chi una risposta non ce l'ha, di chi è chiuso nella sue convinzioni, la maggior parte delle volte, sbagliate e si limita a ripetere i gesti routinari senza mai porsi dei quesiti. Prima di rinfrescare la madre, la vasca deve essere pulita da ogni residuo di impasto precedente, non solo lavata ma passata con alcool puro (NON l'alcool denaturato rosso!) sia per asportare eventuali residui di lavorazioni precedenti (grassi e non) sia per sanificare ed evitare proprio le contaminazioni incrociate che per una madre sono molto molto "rischiose". La presenza del S. cerevisiae (è uno sporigeno, ubiquitario) è una diretta conseguenza delle contaminazioni ambientali (aria, attrezzatura, utensili, personale, ecc.); la sua presenza è certezza quasi assoluta negli ambienti come panificio, pizzeria, pasticceria cioè in realtà artigianali in cui si operano lavorazioni con il S. cerevisiae oltre ad essere fondamentale proprio per gli equilibri microbici che si creano, in particolare la simbiosi con L.sanfranciscensis e/o altri LAB. E' importante per la madre che tali equilibri si instaurino per garantire sia la stabilità microbica sia la specie specificità del microbiota. Spero di aver risposto esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per la preferenza accordata, le invio i miei più cordiali saluti.
Vedi la risposta
Prefermento
Buongiorno Dott.ssa cortesemente Volevo chiedere cos'è il prefermento e se si può usare nel panettone.
Buongiorno a lei, mi scusi se la correggo ma che cos'è e cosa intende per "prefermento"? L'utilizzo di questo termine che "impazza" sui social è scorretto sia grammaticalmente sia tecnicamente in arte bainca. Dall'etimologia della parola e dall'uso del prefisso pre, qualsiasi persona che legga, interpreta la parola come un evento che accade "pre" - prima- della fermentazione. In realtà NON è assolutamente cosi, anzi nel momento in cui a una massa qualsiasi di acqua e farina opero un inoculo microbiologico (aggiungo lievito di birra fresco, istantaneo, secco) la stessa massa diventa FERMENTO, non prefermento perché si avvia in quella massa, in quel momento, la fermentazione; non è qualcosa che avviene prima della fermentazione. Fatta questa doverosa precisazione tecnica di terminologia, le rispondo che sia con un poolish, sia con la biga si può realizzare un prodotto da forno dolce purchè non lo si chiami "panettone". La parola "panettone" è, per normativa italiana, unicamente riservata a quei prodotti che rispettano il DM 22 luglio 2005 e le successive modifiche riportate nel DM 16 maggio 2017 cioè fatte con la madre ed eventualmente con un' aggiunta di ldb rispettando lo stesso DM. A questo punto aggiungo che oltre ad essere un problema di normativa è anche di shelf life commerciale; mediamente un prodotto realizzato con il solo lievito di birra, poolish, biga ha una vita commerciale di una settimana contro la shelf life che supera il mese del prodotto artigianale "panettone". Le ricordo inoltre che la commercializzazione impone non solo il rispetto del sopraccitato DM per la corretta denominazione di vendita panettone ma il Reg Ue 1169/2011 per quanto riguarda la tabella nutrizionale e la corretta etichettatura. Nella speranza di esserle stata di aiuto, le invio i miei più cordiali saluti
Vedi la risposta
incomprensione
Salve signora lauri, le vorrei rivolgere una domanda relativa a un mio errore.
ho eseguito una simile biga con una farina 00 w360 idratazione 45% e 0,5% lievito di birra fresco purtroppo messa immediatamente in cella a 3 gradi. potrà essere utilizzata dopo uno stock di 82 ore? rischio marcescenza per troppe ore? grazie per la risposta e la disponibilità.
Buongiorno a lei. Sì ...ci potrebbe essere quel rischio soprattutto perché la percentuale di lievito fresco è molto bassa e lo stoccaggio a +3°C non è ottimale per il metabolismo dei lieviti soprattutto S. cerevisiae. Nella speranza di esserLe stata di aiuto, le auguro una buona giornata.
Vedi la risposta
Alveolatura
Buongiorno dottoressa, una curiosità, quali sono le metodologie e i processi che rendono una pizza alveolata?giusta tensione del glutine, proteasi? l'idratazione quanto è importante? Qual'è il momento esatto per stendere il panetto? Grazie in anticipo per la sua gentilezza. Buona giornata
Buongiorno a lei, mi scusi ma è abbastanza difficile rispondere nello specifico a questo quesito perché dipende dalle condizioni operative e dalle abitudini di ciascuno. NON c'è un metodo standard infallibile che vada bene sempre e sia universalmente adottato da tutti. In linea generale ci sono dei fattori imprescindibili che sono: forza non troppo elevata (W500,600 non vanno bene a prescindere!) ed elasticità equilibrata (0,4<P/L<0,6) della farina, metodica indiretta con biga o poolish (incorporato nella massa finale all'inizio del collasso centrale non quando completamente collassato con acqua e schiuma in superficie!) oppure diretto lungo, utilizzo di lievito fresco, quantitativo di acqua prevista dalla ricetta superiore al 60 - 65%, non usare il ghiaccio e/o acqua a 4°C, usare acqua a temperatura di 20°C, tempi di riposo in massa (prima puntata e se lavorazione indiretta) a temperatura massima 18°C per circa 2 ore, staglio e stoccaggio in frigorifero per 24 ore, fermentazione a 18 - 20°C per circa 3 ore. Se invece lavorazione diretta lunga anche 8 - 10 ore a 18°C per la prima puntata. Mi scusi ma purtroppo non sono in grado di rispondere per email al quesito relativo al momento "esatto" per stendere il panetto perchè dipende da tantissimi fattori tra i quali proprio: la temperatura del panetto, tempo/temperatura fermentazione, stato fisico dello stesso, ecc. Spero comunque di essere stata in grado di rispondere esaurientemente al suo quesito e nel ringraziarla per essersi rivolto al nostro servizio, le invio i miei più cordiali saluti. Buona giornata
Vedi la risposta
Sponge
Buonasera Simona. Sento parlare di sponge, mi potrebbe spiegare cos'è o indicare link per approfondire? Grazie 1000
Buongiorno a lei ecco alcuni riferimenti
https://www.sciencedirect.com/topics/agricultural-and-biological-sciences/dough-sponges
https://www.britannica.com/topic/baking/Continuous-bread-making
https://www.researchgate.net/publication/44624011_Sponge_and_dough_bread_making_Genetic_and_phenotypic_relationships_with_wheat_quality_traits
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/j.1745-4603.2007.00130.x
Grazie a lei e buona giornata
Vedi la risposta