Congelamento della farina

Domanda

Gentile Dottoressa, cercavo (ma non ho trovato) della documentazione per sapere se la farina congelata a -18°C e ben chiusa e protetta, perde in proprietà, relativamente a qualità reologiche (enzimatiche o proteiche). Grazie per la sua cortese disponibilità.

Risposta

Buongiorno a lei. Bellissima domanda! Da quello che posso sapere io, in letteratura come dati scientifici, non c'è nulla che tratti le modifiche reologiche ecc., della farina quando quest'ultima è posta per un certo periodo a -18°C. Per cui mi perdonerà se faccio unicamente delle considerazioni personali senza avere pezze giustificative che comprovino le mie affermazioni; sono quindi opinioni personali che possono essere pertanto smentite da altrettanti opinioni personali purché scientifiche. Ritengo pertanto che la conservazione della farina a -18°C possa avere un sua "giustificazione" unicamente a livello casalingo (ridotte quantità) quando magari la stagione, la quantità acquistata o le esigenze personali portano a tale scelta. Tale decisione suppongo sia dovuta a una miglior conservazione atta ad evitare lo sviluppo di artropodi (acari, lepidotteri, blatte, coleotteri ecc.) presenti naturalmente in tutti gli sfarinati in quanto presenti nei campi, ambienti, ecc. Oltre a ciò si aggiungano spore di forme microbiche. forme vegetative tal quali di differenti specie ecc. A tal proposito ricordo che nessun e ribadisco nessun sfarinato è "sterile" nel senso microbiologico del termine, ma contiene impurità solide e il grado di contaminazione determina il livello di infestazione entomatica. La commercializzazione degli sfarinati avviene quando tale livello di contaminazione si mantiene sotto una certa soglia verificata con il Filth-Test. Pertanto, quando le condizioni di stoccaggio dello sfarinato (temperatura ambientale, tempo e UR, ecc.) risultano favorevoli a detti organismi, inizia la metamorfosi ossia il passaggio dallo stato di uova allo stato adulto. La conservazione a -18°C consente quindi una sorta di "bonifica sanificatrice" che uccide tali forme, quando le condizioni esterne, di contro, avrebbero causato invece l'infestazione e/o lo sviluppo di forme vegetative microbiche. Un modo quindi efficace per conservare e nel contempo "sanificare" lo sfarinato da un punto di vista entomologico e microbiologico. Resta pertanto aperta la questione chimico - fisica legata alle implicazioni tecnologiche. Posso dedurre che, come tutti gli alimenti che subiscono uno stoccaggio a -18°C, perda acqua per sublimazione (inizialmente il contenuto legale di acqua nello sfarinato è compreso tra 14,5 e 15,5%) e l'ossigeno ossidi maggiormente lo sfarinato modificando sia il colore sia indirettamente le caratteristiche reologiche soprattutto se macinato intero. Per quanto riguarda invece la denaturazione proteica per effetto della temperatura, generalmente, le proteine che subiscono uno stress da freddo, subiscono una denaturazione reversibile cioè innalzando la temperatura, riacquistano la struttura nativa (rinaturazione) mantenendo le loro proprietà, ma questo potrebbe non essere propriamente verificato in una struttura complessa in cui interagiscono in simultanea altre macromolecole e prevedere una leggera diminuzione delle proprietà reologiche. Torno a ripetere, le mie sono deduzioni scientifiche non verificate attualmente da nessun dato in bibliografia pertanto le prenda per quelle che sono: opinioni personali. Buona giornata e a disposizione