Differenze tra impasto autolitico ad 1 ora 3, 6 o 24

Domanda

Salve dottoressa. sono un suo fan che ha gia`fatto domande in precedenza a e che segue il magazine spesso. La mia domanda è sulle differenza di autolisi da tipo due ore a 24 ore. Che risultati riscontrero`con un riposo prolungato? per una classica di un idro 60 me la consiglierebbe? Vedo collegi lavorare per impasti ad alte idratazioni con tale metodo e ho notato grandi risultati. Sui vari testi non trovo scritto le differenze esatte. Potrebbe dirmi,ovviamente quando ha tempo, che differenza c'è, in quali casi usare molte ore di auotolisi? io lo vorrei provare x una classica idro 60 ed una teglia idro 75 lavorando con farine medio forti . Grazie come sempre.

Risposta

Buona giornata a lei. Il metodo dell'autolisi a freddo si adotta in particolari condizioni e non sempre come abitudine routinaria. In linea di massima si consiglia questa metodica di lavoro quando le farine sono squilibrate e presentano un P/L maggiore di 1.5 oppure quando si è in presenza di farine di tipo integrale o macinati interi nelle quali c'è la necessità di far assorbire, alle parti cruscali, un elevato quantitivo di acqua. IL tempo di riposo è molto variabile e appunto dipende principalmente dalle caratteristiche reologiche della farina; più ha valori elevati di W e di P/L più si può prolungare il tempo di riposo dell'impasto autolitico. In ogni caso, la metodica è basata sulla "lisi" che subisce la maglia glutinica. Questo metodo viene adottato per aumentare la morbidezza dell'impasto, il volume e velocizzare il processo dell'impastamento successivo, in conseguenza proprio della lisi o rottura enzimatica che subisce la maglia glutinica durante il riposo. A questo generalmente fa seguito una migliore lavorabilità, un aumento di volume e nel prodotto finito una migliore alveolatura della mollica. Prevede tre fasi di lavoro di cui la fase intermedia del riposo è di lunghezza variabile.La prima fase consiste nella miscelazione di farina e circa il 53 – 55% di acqua ed impastata per circa 6 – 8 minuti in prima velocità utilizzando una impastatrice a spirale, 9 – 10 minuti con una impastatrice a bracci tuffanti e circa 12 – 15 minuti con una impastatrice a forcella. Lo scopo di questa fase è quello di idratare tutti i componenti della farina in particolare i complessi proteici responsabili della struttura glutinica. La seconda fase è di estrema importanza per il complesso delle modificazioni chimico – fisiche che avvengono. E’ proprio in questa fase che avviene la cosiddetta “lisi” proteica ad opera delle endopeptidasi endogene. E’ chiaro che più è lungo il tempo di riposo maggiore sarà la lisi proteica; a ciò si aggiunga il fatto che prendono avvio altre catalisi enzimatiche ad opera di  amilasi ecc. agevolando le fasi successive della lavorazione (impastamento finale, fermentazione, cottura ecc.). La durata del riposo può variare da un minimo di 15 minuti ad un massimo di 24 ore e la sua variabilità è dovuta proprio alle caratteritiche reologiche.  Se il riposo si protrae per oltre le 6 ore occorre aggiungere anche la quantità di sale prevista dalla ricetta e operare uno stoccaggio a circa 18°C. Questa miscela autolitica sarà ripresa tutta o solo in parte ed impastata nuovamente con il resto degli ingredienti mancanti. Nel caso di un breve riposo di 10 - 20 minuti al massimo a temperatura di circa 18 – 20°C (condizione ideale e da preferire) la miscela "autolitica" lasciata riposare direttamente nella vasca dell'impastatrice, è ripresa tutta ed impastata nuovamente con l'aggiunta degli ingredienti mancanti cioè sale, lievito ecc., mentre se si protraggono i tempi, occorre ridurre il quantitativo di impasto autolitico da utilizzare fino al caso di un utilizzo di solo 15 - 20% sulla farina del rinfresco.  Trascorsa la fase di riposo si può procedere con la terza ed ultima fase, ossia con l’utilizzo di questa massa autolitica nell’impasto finale e con la miscelazione dell’intera massa o di una parte di essa con i restanti ingredienti previsti. Un saluto cordiale