Lievito e vita

Domanda

Salve dottoressa,tra i pizzaioli si fa spesso a gara a chi mette meno lievito nell'impasto,tipo lo 0,1 / 0,05 . Ho letto però che se il lievito è utilizzato in dosi notevolmente inferiori a quelle consigliate si può arrivare al “marciume” dell’impasto per un “eccesso di debolezza” con conseguente cattivo odore ecc. Potrebbe gentilmente spiegarmi con parole semplici, come mai è così importante la presenza di lb affinché l'impasto diciamo così resti "in vita " e non marcisca, qual'è la sua funzione in questo caso, qual'è il range in cui si deve rientrare, e se valgono le stesse regole tra pizzeria e panificazione. La ringrazio anticipatamente per il suo enorme e gentile contributo.

Risposta

Buongiorno a lei. Mi scusi ma cortesemente non riesco a comprendere bene il significato della frase "dosi notevolmente inferiori a quelle consigliate". Prima di tutto c'è da fare una netta differenza tra la gestione di una tecnica per produrre il pane e una per produrre la pizza. In panificazione l'obbiettivo del panificatore è quello di ottenere un prodotto nel quale avvenga principalmente un processo metabolico di fermentazione (alcoolica, lattica ecc.) per permettere lo sviluppo di una mollica con alveolotura adeguata, colorazione e friabilità di crosta, volume, conservazione ecc., in un prodotto che ha una forma e pezzatura ben precisa e che subisca una cottura indicativamente a 230 - 240°C per un tempo più o meno lungo in base alla pezzatura che in alcuni casi supera il chilo. E' chiaro che per raggiungere certi obbiettivi (differenti da quello di un pizzaiolo) i paramentri di processo ai quali bisogna prestare particolare attenzione sono: la percentuale di lievito sulla farina, la temperatura dell'impasto a fine impastamento, la temperatura dell'acqua da utilizzare, la tempistica e la modalità di impastamento, i tempi/temperatura di riposo, tempi/temperatura di fermentazione ecc. Se in un impasto da pane si lavora con una metodica diretta corta (4 ore) e si utilizza una percentuale di lievito molto bassa (<0.1% sulla farina) si può incorrere in situazioni metaboliche in cui la microflora dei blastomiceti non ha tempo di svilupparsi e quindi colture differenti (presenti come microrganismi contamionanti naturali delle materie prime) possono prendere il sopravvento e sviluppare metabolismi non volutii. La situazione è completamente differente nella produzione di un impasto per pizza (classica, teglia, pala poco importa) in cui l'obbiettivo finale non è quello di operare una fermentazione, ma una maturazione enzimatica prima della fermentazione. Per fare ciò si deve lavorare con una % di lievito compresso molto bassa. Per quanto riguarda invece  il suo quesito sul range di lievito di birra da utilizzare, mi  è molto difficile rispondere, poichè dipende dalle abitudini di lavoro di ciascun artigiano sia panificatore sia pizzaiolo. Le domande invece  che si deve porre sempre quando legge certe informazioni  sono sempre le stesse: A quale produzione si riferiscono? Cosa devo produrre? Un saluto cordiale e a disposizione