Puntata degli impasti molli e lunghe maturazioni

Domanda

Buongiorno dott.sa Lauri, mi complimento per l'utile servizio della rubrica "SOS online" perchè permette a tutti gli appassionati dell'arte bianca di poter informarsi da una fonte attendibile e scientifica. Ho da porle alcune domande: 1) a parità di proteine, l'utilizzo di una farina 0 piuttosto che di una 00 cosa cambia in un prodotto? 2) nell'indicazione della percentuale di proteine in una farina, qual è la differenza tra "W" e quello riportato sulla confezione? 3) riguardo i tempi di puntata, ho letto in rete (e non da un libro purtroppo) che gli impasti molli hanno bisogno di tempi maggiori rispetto a quelli duri. Sbaglio a ritenere che la maggiore quantità di acqua accelerando le diverse reazioni chimiche comporti tempi minori rispetto agli impasti duri? 4) per l'impasto della pizza (in particolare per quella in teglia alla romana) spesso leggo lunghi tempi di maturazione a basse temperatura anche con farine non molto forti. L'andare oltre tante ore di lievitazione, per effetto della proteolisi in particolare, non comporta un eccessivo rammollimento ma anche dell'acidità dell'impasto? A parità quindi di ingredienti e processo di lavorazione, quale differenza si riscontra tra due impasti dei quali uno ha una maggiore maturazione in frigo? Grazie della sua disponibilità

Risposta

Buongiorno a lei. Le domande sono tante per cui mi scuserà se procedo per schemi puntati: 1) A parità di condizioni operative...Nulla!  2) La % di proteine totali non rappresenta il W. L'analisi quantitativa delle proteine totale è una analisi chimica effettuata esclusivamente nei rispettivi laboratori per controllo qualità delle aziende, mentre il W rientra nella valutazione dei parametri reologici e deriva da un algoritmo che tiene contro dell'area sottesa alla curva nell'alveogramma. Hanno una correlazione ma non sono la stessa cosa e comunque non è sempre vero che valori elevati di proteine totali corrispondano a W elevati. In ogni caso comunque l'errore che si compie nell'analisi reologiche è abbastanza elevato per cui il W che può leggere sulle confezioni non è detto che sia quello effettivo (lotto diverso, analisi effettuate diverso tempo prima, ecc.); da comunque una indicazione sul tipo di sfarinato che si sta acquistando. 3) Se si riferisce al pane (ma questo è scienza di arte bianca in generale) l'impasti molli devono avere un temperatura leggermente superiore a quelli definiti "bastardi" oppure "duri" per facilitare il maggior assorbimento di acqua, a sua volta utilizzata con valore di temperatura ricavabile dalla classica formula. Richiedono tempi di riposo in massa di gran lunga superiore a quelli di pasta dura se vuole un impasto di forza, in caso contrario avrà un impasto debole. 4) Purtroppo su questo non la posso aiutare perché ogni artigiano opera secondo le sue convinzioni. A parità di condizioni operative (metodo utilizzato, % di lievito fresco, % biga, ecc.),  ma soprattutto di W e P/L , opto per un ulteriore stoccaggio della massa di ulteriori 2/3 gg a +4°C. Durante questa fase di "maturazione" avviene la trasformazione biochimica nonché enzimatica (proteolisi, ecc.) delle macromolecole presenti nella massa, sviluppo di attività microbica e relativi metabolismi, ecc. e si potrebbe andare incontro, appunto, ad acidità totale eccessiva, rottura della struttura, alterazione microbica, ecc. se il processo non fosse limitato per tempi brevi e a valori bassi di temperatura. In ogni caso non necessariamente si opera sempre e a prescindere la fase di stoccaggio a +4°C, dipende dalle proprietà reologiche degli sfarinati utilizzati; il risultato può essere ottimale in entrambi i casi sia con una farina 180<W<200 pochissime ore di maturazione in frigor e/o a t.a (dipende dalla temperatura ambiente!) oppure 320<W<350 per 24 - 48 - 72 ore in frigor e/o riposo a t.a. Grazie a lei per la preferenza accordata al servizio. Un saluto cordiale.